Letizia Paternoster: "Esiste solo la bici, fin da piccola odiavo camminare"

La ciclista si racconta: "Gattonavo verso il triciclo. Oggi amo la pista e la strada allo stesso modo: mi danno emozioni diverse"
Letizia Paternoster: "Esiste solo la bici, fin da piccola odiavo camminare"

Letizia Paternoster compirà 24 anni il prossimo luglio ma ha già talmente tante storie da raccontare da poter passare per veterana delle due ruote. L'esplosione precoce, le vittorie su strada e su pista, gli incidenti, la voglia di rinascita. È l'amore per la bici che la aiuta a spingere sui pedali e a non farli mai fermare, nonostante tutto. Soprattutto in questi giorni, ai nastri di partenza degli Europei di pista a Grenchen.

Paternoster, cosa l'ha fatta innamorare della bici?
«Ho sempre avuto un amore smisurato per il ciclismo e le biciclette, sin da quando ero molto piccola. I miei mi dicevano che odiavo camminare e che gattonavo verso il triciclo! A tre anni la prima bici, con le rotelle. Le tolsi subito, l'amore era già scoccato. In famiglia nessuno faceva sport, tantomeno ciclismo ad alti livelli ma nonostante questo l'attrazione per le due ruote è sempre stata forte».

Come si è avvicinata alle gare?
«Mio papà è sempre stato grande amico di Maurizio Fondriest e a 6 anni mi ha regalato la mia prima vera bicicletta. Maurizio vide che avevo voglia e passione e chiese a mio padre di portarmi nella sua squadra per provare a fare qualche giro con gli altri bambini. Praticamente da quel momento non mi sono mai fermata!» 
 
I suoi primi ricordi di quell'avventura?
«Ricordo molto bene la mia prima gara e la mia prima vittoria: avevo poco più di 6 anni ed era una gimkana. Ho provato un po' di tutto: ho fatto bmx, downill, mountain bike, insomma ho provato praticamente tutte le discipline possibili».

C'era un altro sport che le aveva rapito il cuore?
«Assolutamente no, ma ho anche tentato ad allargare i miei orizzonti. Ho provato ginnastica artistica con qualche amica, ma niente mi ha mai affascinato come il ciclismo. È un amore che non ho mai tradito».

Lei ha iniziato a vincere prestissimo, in Italia e all'estero. Dopo l'Astana ha trascorso quattro anni in Trek-Segafredo e adesso è agli albori della nuova avventura in Jayco-AlUla. In pista ha fatto parte del quartetto dell'inseguimento e ha vinto il titolo mondiale nella corsa ad eliminazione nel 2021. Ha affrontato incidenti in allenamento, covid e la spaventosa caduta agli ultimi Europei. Dopo tutto questo, cos'è che fa scoccare ogni volta la scintilla?
«Secondo me la forza dei miei sogni. È un qualcosa che riesce a superare ogni tipo di dolore, di difficoltà, di paura. Ho ancora tanti sogni da realizzare e voglio farlo nonostante gli intoppi. Le sfide non mi fanno paura, nemmeno le difficoltà».

C'è il rischio che la pericolosità delle nostre strade impedisca a tanti ragazzi in futuro di innamorarsi della bici come è successo a lei?
«Purtroppo sì, me ne rendo conto ogni giorno. Ad ogni allenamento, ad ogni clacson che suona. La vita è piena di difficoltà e di sfide, sarebbe bello poter pensare solo a quello che di bello riesce a darti questo sport».

Lo sportivo che più amava da bambina?
«Ho sempre stimato e tifato Alberto Contador, ma ho guardato mille volte video e documentari su Marco Pantani. I miei genitori lo adoravano, io sono cresciuta nella passione per lui. Era un simbolo, un idolo».

L'amore più forte: strada o pista?
«Amo entrambe allo stesso modo, non posso scegliere. Ogni disciplina ha il suo punto di forza. La pista ha velocità e adrenalina, la strada ha la fatica, le salite, la bellezza dei panorami».

La compagna di squadra del suo cuore?
«Ho cambiato tante volte le mie compagne di squadra, ma se c'è un'atleta del gruppo che ho sempre ammirato quella è Marianne Vos. Non ho mai avuto la possibilità di correre in squadra con lei, ma è una persona e atleta che stimo a livello sportivo e umano».

Come dev'essere il 2023 per farsi amare?
«Devo dire che è iniziato bene, sto ritrovando serenità. Riesco a esprimermi come voglio, vedo numeri che non vedevo da tempo. Sono in una nuova squadra, la Jayco-AlUla, dove ho trovato una vera famiglia. I programmi? Dopo l’Europeo su pista avrò le classiche del nord. Avrò tantissime gare e farò la Parigi-Roubaix per la prima volta. Sto già facendo il conto alla rovescia».

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