Ciclismo, Pozzovivo: "Il sogno? Una tappa al giro"

Intervista allo scalatore lunedì al via nel Tour of the Alps: "A 40 anni sarebbe qualcosa di importante. Il movimento italiano ha un problema di mentalità"
Ciclismo, Pozzovivo: "Il sogno? Una tappa al giro"© /Agenzia Aldo Liverani Sas

«Cambio spesso colonna sonora durante gli allenamenti, dalla musica cerco una spinta in più. Dall'hard rock al metal ultimamente sono andato sul pop, anche d'autore come Battiato». Domenico Pozzovivo non è un atleta banale. Se lo fosse, non sarebbe di nuovo in gruppo a 40 anni compiuti. Ha un obiettivo: tornare al Giro a sfidare i migliori. Prima della corsa rosa ci sono le salite del Tour of The Alps - da domani a venerdì 21 con Thomas, Carthy, Vlasov, Geoghegan Hart e Uran - ad attenderlo. Il suo è stato un inverno particolare: dopo l'ottavo posto alla corsa rosa, la scadenza del contratto con l'Intermarch è Wanty Gobert. Da lì mesi di contatti, di speranze e di allenamento matto e solitario. Ai primi di marzo, la chiamata dell'Israel Premier Tech gli vale una nuova avventura. L'ennesima, dopo tanti infortuni e cadute che lo hanno visto tornare sempre grazie a forza di volontà ed etica del lavoro.

Pozzovivo, è rientrato con un buon buon sesto posto alla Settimana Internazionale Coppi e Bartali. Sorpreso del risultato? 
«È stato probante ma sono soddisfatto: mi ha permesso di proseguire il lavoro con fiducia. Non sono sorpreso della mia forma, sono un tipo abbastanza incontentabile: forse è anche per questo che alla mia età riesco a confermarmi a questi livelli. Pensando al Giro credo di avere ancora del margine».

L'inverno senza squadra è stato più lungo del previsto: c'è stato un moment o in cui ha pensato di gettare la spugna? 
«Un momento esatto no, direi l'inizio della stagione ciclistica. Mi è stata vicino la mia famiglia, soprattutto mia moglie: lei per prima non ha mai fatto cenno alla fine della mia carriera».

Spesso la storia dei suoi incidenti la precede. Le dà fastidio? 
«Per me gli incidenti sono il passato, me li sono lasciati alle spalle. Sono importanti perché pensare di aver recuperato ogni volta in maniera adeguata è stato sorprendente, sono medaglie che porto sul petto. Pensare di essere riuscito in situazioni dove nessun altro sarebbe riuscito mi rende orgoglioso».

Ora il Tour of the Alps. Lo vinse nel 2012 quando si chiamava Giro del Trentino e in gruppo c'era un'altra generazione. 
«Se vado poco più indietro ce n'era pure un'altra: diciamo che quella di oggi è la terza generazione di ciclisti con cui mi confronto. Al Tour of the Alps ho una storia densa, per me sarebbe importante fare un passo in avanti nel livello e nella condizione. Spero di restare in classifica con quelli che si giocheranno il Giro».

A proposito: un obiettivo e un sogno per il Giro. 
«L'obiettivo, ripetere la classifica dell'anno scorso: a 40 anni compiuti sarebbe qualcosa di importante. Il sogno, vincere una tappa di montagna».

Al Giro ci sarà Evenepoel: lui, Pogacar, Van der Poel e Van Aert stanno cambiando il ciclismo? 
«È già cambiato. Da un paio d'anni almeno si vedono gare e azioni che un tempo sarebbero state considerate folli e che adesso sono normalità. Tra loro preferisco Evenepoel, lo apprezzo da quando era junior e mi piace il suo carattere deciso».

E lo stato del ciclismo italiano? 
«Facciamo fatica a stare al passo con le altre nazioni. La nostra è una mentalità, soprattutto con i giovani, che poteva andar bene nel passato: dovremo iniziare a farci piacere anche le cose un po’ più scomode».

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