Tra neve e gelo, una tappa d'altri tempi

Ha vinto il più forte, quel Nairo Quintana che salvo crolli tanto improvvisi quanto imprevedibili diventerà il primo colombiano a vincere un Giro d’Italia
TORINO - Una tappa epica, quella di ieri, che fa dei corridori degli autentici fachiri. Nel corso dei 139 chilometri su Gavia, Stelvio e Val Martello si sono rischiati casi di ipotermia. Abbiamo visto volti disfatti, sguardi perduti nel vuoto, corpi tremanti che cercavano il conforto di un abbraccio, atleti che si facevano dare bevande calde all’ammiraglia per poi versarsele sulle gambe. E’ stata l’ennesima scommessa vinta da uno sport che non finirà mai di affascinare proprio per la sua attitudine a tratti bestiale di raggiungere livelli di fatica a tratti insopportabile. Ha vinto il più forte, quel Nairo Quintana che salvo crolli tanto improvvisi quanto imprevedibili diventerà il primo colombiano a vincere un Giro d’Italia. E non ci pare neppure dignitoso “sporcare” l’eroica condotta di tutti i corridori con la polemica che è sorta nel valicare lo Stelvio, allorquando una comunicazione del direttore del Giro veniva da alcuni direttori sportivi interpretata come una “neutralizzazione” lungo la discesa della stessa Cima Coppi. Più semplicemente, quell’annuncio è stato una mano tesa a chi stava faticando in bicicletta, come per dire che lungo il pendio reso gelido dalle temperature invernali gli eroi in bicicletta avrebbero avuto il conforto di motociclette che li aiutassero ad affrontare le giuste traiettorie. E così, mentre alcuni protagonisti perdevano tempo per indossare indumenti asciutti ,il francese Rolland e il colombiano Quintana s’involavano in una discesa affrontata come se nessun annuncio fosse stato fatto. E peccato che il marketing del Giro, che gestisce la comunicazione twitter, parlasse di “neutralizzazione” quando invece il direttore di corsa Mauro Vegni avesse interpretato l’intervento delle moto come un’assistenza. Ma quell'annuncio - che è stato figlio della paura che qualcosa potesse accadere - doveva essere evitato perché è stato occasione di equivoco e di antipatiche accuse. Nella nostra mente, comunque, resterà sempre il gesto antico dei corridori sotto la neve della salita o intirizziti dal gelo lungo la discesa del Gavia flagellata dalla pioggia. E poi ancora lo Stelvio imponente e i suoi 48 tornanti del pendio più freddo, quello del versante nord che portava a Trafoi, e loro sempre lì, a mulinare le braccia per evitare il congelamento, a sbattere nell’aria le mani per poter riavere una presa almeno sufficiente sul manubrio. Oggi per fortuna si parlerà di tutto ciò con animo leggero, perché da Sarnonico a Vittorio Veneto ci sarà l’ultima occasione per i temerari delle fughe. Sempre che prima del via alcuni direttori sportivi non inscenino una protesta contro gli organizzatori. Da domani comunque si tornerà a fare sul serio. E sino a domenica.

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