Buongiorno dal giro, chiusura con il Mostro

Prima di stasera ci sarà da affrontare lui, il “mostro”, il Monte Zoncolan che con lo spagnolo Angliru è considerata la salita più dura del mondo fra quelle inserite nei tracciati di una delle tre grandi corse a tappe
TORINO - E’ la resa dei conti. Stasera conosceremo non solo il vincitore del 97° Giro d’Italia, che per la prima volta nella storia sarà un corridore colombiano, ma anche coloro che gli faranno compagnia sul podio di domani, a Trieste, quando la Corsa Rosa si congederà al termine di un’edizione ancora una volta flagellata dal maltempo. Ma prima di stasera ci sarà da affrontare lui, il “mostro”, il Monte Zoncolan che con lo spagnolo Angliru è considerata la salita più dura del mondo fra quelle inserite nei tracciati di una delle tre grandi corse a tappe. Oggi i corridori sguaineranno le spade per affrontare il “mostro” entrando nel paese di Ovaro, da dove hanno inizio i 10100 metri più duri della Corsa Rosa. Anche quest’anno gli organizzatori hanno scelto il versante più ostico, già affrontato tre volte in passato, dal 2007 al 2011. I primi due chilometri al 9%, poi da Liaris in poi si spronfonda nell’inferno per raggiungere il... paradiso: alcune rampe sono al 22% e per sei lunghissimi chilometri la strada non si addolcisce mai, tenendo una media del 15% di pendenza. A 3.000 dall’arrivo si può tirare il fiato ma l’ultimo chilometro ripresenta pendenze a doppia cifra.

La prima volta che il Giro andò sin lassù fu nel 2003, l’unica occasione in cui si scelse il versante di Sutrio, teoricamente meno proibitivo soprattutto nella prima parte, anche se gli ultimi 3.500 metri diventano invece terribili. Dovremmo forse parlarvi di Gilberto Simoni, perché è lui il “signor Zoncolan”, avendo trionfato per ben due volte sull’erta friulana. E invece la malinconia che spesso arricchisce la vita ci porta ancora una volta a Marco Pantani, che proprio da Sutrio verso la vetta in quel “primo” Zoncolan tentò un guizzo disperato nel suo ultimo Giro d’Italia. Con Simoni ormai imprendibile, il Pirata a fianco di Stefano Garzelli esaltò il pubblico con un guizzo che fece piangere molti. Esattamente una settimana più tardi di “quel giorno sullo Zoncolan”, il campione di Cesenatico tentò l’ultima fuga verso Cascata del Toce, ma fu lo stesso Simoni ad andarlo a prendere, salvo poi pentirsi quando il Pirata se n’era già andato per sempre. Sono trascorsi dieci anni dalla morte di Marco. Oggi sul Zoncolan - vedendo in azione Fabio Aru che tenterà di sorpassare Uran per terminare secondo e diventare il primo sardo sul podio di un Giro - saranno in molti a pensare al Pirata. Forse una reazione banale ed eccessiva, ma inevitabile e umana, troppo umana.
Alberto Piovi

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