<span style="line-height: 20.8px;">Panatta: «Una vita per il tennis ma oggi gioco a golf»</span>

L’ex campione racconta il suo nuovo grande amore
Panatta: «Una vita per il tennis ma oggi gioco a golf»© &nbsp;LaPresse

Proseguiamo la nostra missione di creare nuovi e appassionati golfisti. Dopo Cesare Prandelli (e prima di tanti altri…) lo facciamo con la testimonianza di un altro grande dello sport che ha trovato nel golf una nuova sfida da affrontare. E da vincere, naturalmente. Nella settimana in cui arrivano in Italia i maestri del tennis, abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con un uomo che ha scoperto il golf dopo i cinquant’anni arrivando a 10 di handicap. Lo stesso uomo che da ragazzo ha fatto innamorare l’Italia del tennis con una carriera straordinaria che riassumiamo impropriamente nel suo magico 1976: vittoria agli Internazionali d’Italia, al Roland Garros e in Coppa Davis.

Come mai ha iniziato a giocare così tardi a golf?
«Onestamente? Ero uno di quelli che prende in giro i golfisti considerando il loro sport noioso e poco dinamico. Poi, come molti, ho provato e me ne sono innamorato. Per i primi due o tre anni addirittura era quasi una droga, volevo solo giocare a golf. Poi sono “guarito” ma comunque oggi il mio sport è questo».

Ha un buon handicap di gioco, ci è voluto molto lavoro?
«Beh, è innegabile che il golf sia uno sport che richieda tempo, sia per la singola seduta di pratica che per la frequenza. Quando ho iniziato, giocavo più spesso. Oggi vorrei giocare di più. Ad essere onesto non riesco sempre a mantenere il mio livello di gioco all’altezza del mio handicap di 10 colpi ma più o meno vedo che è una cosa che succede a molti di quelli che scendono sotto il fatidico colpo a buca»

Più facile giocare a tennis o a golf?
«Difficile dire quale gesto tecnico sia più complicato. Certo, se uno sport lo provi per la prima volta a 55 anni, inevitabilmente ti risulterà meno naturale rispetto ad uno che impari da bambino. Per quanto mi riguarda, prima di iniziare ero convinto che colpire una palla ferma fosse più semplice, non dovendone calcolare la traiettoria e la velocità di arrivo come accade nel tennis. Mi sbagliavo! Lo swing è un movimento molto complesso, fatto di tantissime variabili e far alzare quella palla da terra è tutt’altro che immediato».

Però qualche somiglianza tra i due gesti c’è. Un tennista è avvantaggiato con il golf?
«È chiaro che un tennista ha già una coordinazione e una capacità di rotazione del busto che lo aiutano. Ma in realtà alcune caratteristiche del tennis non aiutano nel golf. Il tennista di discreto livello colpisce la palla andandole incontro, appoggiandosi sulla gamba più avanzata mentre nel golf esasperare questo concetto risulta un errore. A me capita proprio questo a volte: spingermi troppo verso la palla».

Dove gioca abitualmente?
«Quando ho iniziato, giocavo a Roma, al Parco di Roma e poi mi sono spostato a Sutri, al Golf Nazionale. Oggi frequento molto Treviso e gioco soprattutto lì. Ho scoperto un circolo molto accogliente e con una bella atmosfera: Villa Condulmer».

Da golfista, come crede si riuscirà a far uscire il golf dai suoi confini?
«Credo che ci si stia riuscendo. La Federazione sta facendo un ottimo lavoro e negli ultimi anni è stata anche ben aiutata dai risultati dei nostri giocatori. I fratelli Molinari e Manassero sono arrivati ad un pubblico più ampio rispetto a quello dei veri appassionati. Questo è fondamentale per uno sport. Pensi a cosa è successo nello sci quando c’era Alberto… (Tomba, ndr)».

Ha un giocatore preferito?
«Come tutti, inevitabilmente, ero molto attratto dal fenomeno Tiger Woods ma c’è un giocatore che ammiro moltissimo per la perfezione del suo swing ed è Ernie Els».

Nel tennis chi è riuscito a valicare i confini del proprio sport?
«Restando ai giorni nostri, senza dubbio Roger Federer. Anche per l’età che ha e quindi per gli anni di militanza nel circuito, tutti lo conoscono. Anche Nadal e Djokovic oggi sono a un livello di popolarità che va ben oltre il mondo del tennis».

Proprio Federer, assieme al suo agente, ha lanciato un’iniziativa ispirata alla Ryder Cup. Si chiama Rod Laver Cup (in onore del grande campione australiano, ndr), metterà di fronte un team europeo e uno rappresentante il resto del mondo e andrà in scena per la prima volta nel 2017. Cosa ne pensa?
«In linea di principio potrebbe funzionare ed essere divertente come format. In pratica però sarà dura farlo entrare nelle grazie di giocatori che già da anni, tranne alcuni casi, non sembrano più affascinati neanche dalla Coppa Davis. Oggi il calendario è talmente fitto che sarà complicato trovare una finestra che invogli i migliori a partecipare».

Alessandro Lupi (commentatore di golf per Sky Sport)

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