Gara estrema a -50° gradi in Canada, Massiccione è vivo, ma rischia l'amputazione mani e piedi

Roberto Zanda si è perso in una gara estrema nel nord del Canada dove si vive a -50°. Ora è in ospedale ad Aosta
Gara estrema a -50° gradi in Canada, Massiccione è vivo, ma rischia l'amputazione mani e piedi

Tutto è iniziato, anzi no…tutto è finito, qualche giorno fa nel freddo nord del Canada, là dove in inverno la luce è debole e solo per qualche ora al giorno, là dove si vive a meno 50 gradi, là dove si stava disputando la Yukon Artic Ultra, un trail nella neve in completa autonomia alimentare da 480km. Si corre, si cammina, con una slitta attaccata alla vita dove ci sono gli alimenti per sopravvivere per una settimana e magari la tenda. Roberto Zanda, 60enne ultra runner cagliaritano, era uno delle poche decine di atleti al via, uno dei tre rimasti in gara, finché una notte in preda al freddo e alla fatica ha avuto una allucinazione. Uno scherzo della testa che non ragiona più: “Ho visto una luce in fondo al bosco, pensavo ad un punto di ristoro, un check_point, ho mollato la slitta e sono andato”. Invece non c’era nulla, anzi qualcosa c’era. Sì, un dirupo dove è precipitato. Gli scarponi pieni di neve, Zanda decide di toglierli e rimane immobilizzato per 17 ore prima che arrivino i soccorsi che hanno visto (forse in ritardo…) il suo segnale Gps fermo.

Zanda ora è stato trasportato in Val D’Aosta, forse nell’ospedale migliore al mondo per questo genere di traumi. E il verdetto non è affatto facile, probabilmente si dovrò procedere all’amputazione di mani e piedi, colpiti dal gelo.

Questo il post di pochi giorni fa sulla sua pagina facebook da parte di Roberto Zanda, detto ‘Massiccione’ per il suo aspetto, per la sua tenacia acquisita quando militava nei Parà, per le tante gare corse nei deserti. Ma qui non c’era la sabbia ed il caldo, qui si è gareggiato in condizioni di freddo estremo: “Grazie ai ragazzi del Cagliari Calcio. Insomma ho avuto questo inconveniente tecnico. Mani e piedi ancora al loro posto in attesa di arrivare all'ospedale Umberto Parini di Aosta dove un'equipe di chirurghi vascolari mi attende. Onestamente devo dire che non sono preoccupato, ho tanta roba da fare e non sono uno che aspetta di solito. Se devono amputare che si faccia, non saranno quattro protesi il problema, ma chi se ne frega.. Purtroppo dopo 300 km è accaduto questo fatto, segnaletica o no, allucinazioni o no, ipotermia o no, spot o no spot, capanno o no, morale sono vivo e vegeto e spero di trovare due bei piedi che mi permettano di continuare a fare questa bella vita fatta di sport e resilienza. Grazie alla Montane che mi ha equipaggiato con abbigliamento tecnico di altissimo livello che mi ha sicuramente salvato la vita mentre sono stato 14h nella foresta. Intanto Yukon scambiamoci le bandiere poi si vedrà”.

Massiccione si sta dimostrando tale, i medici di Aosta l’hanno ammesso apertamente, uno normale sarebbe morto in quelle condizioni, ma lui ha un fisico speciale, resistente oltre misura.

Roberto pensa già alla sua Sardegna e alle prossime avventure che lo aspettano:  “Onestamente devo dire che non sono preoccupato, ho tanta roba da fare e non sono uno che aspetta di solito. Se devono amputare che si faccia, non saranno quattro protesi il problema, ma chi se ne frega”.

Da qui si apre però un mondo di polemiche, perché rischiare così tanto per una gara? Roberto ‘Massiccione’ è un semplice runner, forse più duro degli altri, ma non è un esploratore, non ha l’esperienza di un alpinista abituato al freddo e magari capace di gestire situazioni così estreme. Perché affrontare queste gare? Solo per ego personale, per rispondere a quella voce dentro di sé che dice ‘provaci che ce la fai anche stavolta”.

Ma ne vale la pena rischiare la morte o magari trovarsi senza mani e piedi per il resto della vita?

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