Sci, Pellegrino a caccia di medaglie e record mondiali: “Sorprendo l’Italia e me”

L’asso del fondo azzurro lancia l’assalto ai Mondiali di Planica: giovedì la Sprint, ma punta anche alla 50 km finale
Sci, Pellegrino a caccia di medaglie e record mondiali: “Sorprendo l’Italia e me”© LAPRESSE

TORINO - In viaggio con papà Pellegrino. Da Gressoney a Dobbiaco, tappa per rifinire la preparazione, destinazione Planica, in Slovenia per affrontare il suo settimo Mondiale. Un viaggio di famiglia, con la moglie Greta Laurent e Alexis, nato due mesi fa. La chiusura di un cerchio che riporta bambino Federico per tutti Chicco, da sempre fachiro degli scietti stretti, partito dall sua Valle d’Aosta per conquistare il pianeta nordico, lui “meridionale” delle Alpi, è di nuovo in pista. E non solo quella più corta della sprint, la sua specialità, che ha dominato 17 volte in Coppa del Mondo e una volta ai Mondiali (Lahti 2017), conquistando altre sei medaglie olimpiche e iridate. Pellegrino in questi due anni, nei quali s’è affidato a Markus Cramer, prima aggregandosi ai russi e poi portando il tecnico tedesco a guidare l’Italfondo, ha ampliato gli orizzondi alle gare distance, salendo subito sul podio nella 20 km e arrivando ai Mondiali col terzo posto nella classifica generale di Coppa. E ora a Planica vuole fare un altro passo, spingersi più in là, fino a... 50 km.

Allora Chicco, ci racconta questo grande viaggio?

«Che emozione. La stessa che provavo da bambino quando in estate andavamo in campeggio a Baia Verde in Toscana, la nostra Mecca, con l’Alfa 33 bianca con letto fatto di valigie incastrate tra i sedili e una trapunta come materasso, la nostra first class. Papà guidava ascoltando la musica a cappella dei “The King singers” a bassissimo volume per non disturbarci, senza accorgersi che lo guardavo ammirato. Vivere un viaggio dal punto dal vista del papà è stato bellissimo. Alexis è stato bravo, solo tre soste per la poppata».

A proposito, perché Alexis?

«Noi diciamo Alexì, alla francese. Patois. Nulla di particolare, è un nome corto e suona bene».

Come va la vita in raduno con tutta la famiglia?

«Molto bene. Quando vado a sciare la mattina, Greta va a camminare col passeggino. Stiamo insieme molto tempo, me li godo. Mi danno serenità e non mi fanno pensare solo alle gare».

Già pensato a metterlo sugli scietti?

(sorride) «Sì, ma ci sarà tempo. Intanto ho comprato il trasporto-slitta per attaccarlo alla schiena e portarcelo con noi quando sciamo. Sarà per il prossimo anno».

La seguiranno anche ai Mondiali?

«La prima settimana, fino alla team Sprint. Poi andranno a casa e io resterò fino all’ultimo giorno. Mi aspetta la 50 km».

Dalla Sprint alla 50 km... vuole fare il Klaebo?

(sorride) «Diciamo che il piano, in prospettiva Milano Cortina 2026 è un po’ quello. Questo è il secondo anno di lavoro con Cramer (il tecnico tedesco che prima gestiva i russi e ora guida la Nazionale italiana, ndr) e i frutti sulle distance si sono già visti. Questa è la prima vera gara di distanza a un grande evento. La cinquanta l’ho provata due anni fa ai campionati italiani e l’ho vinta. Qui la prendo più che altro come un modo di tastare il terreno. Sono curioso, ma posso dire la mia».

Vedremo un nuovo Pellegrino.

«Un po’ è naturale a fine carriera allungare le distanze, un po’ ho voglia di nuovi stimoli, esperienze. Diventare un fondista più completo, costante. Non ho nulla da perdere e ho fiducia. Più che il risultato, a me interessa fare il più possibile, accettando la fatica».

I risultati in Coppa quest’anno le stanno dando ragione: è terzo nella classifica generale.

«Una grande soddisfazione. Certo, sappiamo che questo è un anno particolare, senza i russi. Ma solo Bolshonov valeva più di me in questo momento. Lo stesso Ustiugov, con il quale mi sono allenato lo scorso anno, è un atleta che va ad intermittenza. Io ho trovato continuità ad alto livello, la cosa che più mi soddisfa insieme alle sensazioni che questo nuovo lavoro sta dando al mio corpo. è bellissimo sentirsi sempre migliorare, anche alla mia età. Sì, mi sto divertendo anche se manca molto per quello che inseguo».

Insomma punta all’oro della 50 km a Milano Cortina 2026?

(ride) «Calma... Sicuramente il progetto di Cramer è molto interessante, ma il vero obiettivo in questo momento per l’Olimpiade di casa è una medaglia di squadra. è il grande stimolo che ho in testa. Sapere di poter aiutare i compagni, i giovani, a imparare un metodo di lavoro nuovo e contemporaneamente a spronarli per migliorare è molto importante per me. Vedo del potenziale, a prescindere da se a dal come arriverò a Milano Cortina 2026. Sì, credo in questo progetto».

Vent’anni dopo potrebbe fare il “Zorro” Zorzi di Torino 2006...

«Eh... cercherò di fare il Pellegrino... E lo sto già facendo. Accetto i miei limiti ma lavoro con la testa e il corpo per superarli».

Intanto proprio a Dobbiaco nell’ultima uscita di Coppa ha riportato la staffetta al primo posto.

«Qualcosa di raro, unico direi. Intanto abbiamo marchiato il vuovo format, la quattro per 7,5 km. Sembra fatto apposta per noi. Certo, ai grande eventi resta quello tradizionale, con frazioni di 10 km, ma intanto abbiamo scritto un pezzetto di storia, una cosa che mi fa enormemente piacere. Io ci credevo. Al podio di sicuro, di vincere... beh, forse no. Abbiamo fatto subito uno step in più».

Frutto di un De Fabiani ritrovato e dell’esplosione di Mocellini.

«Non mi soffermerei solo sui risultati degli atleti di punta. Quello che conta è la densità e la diversità di uomini che stiamo mettendo in mostra, anche in Coppa Europa e quindi con i più giovani. Il livello medio si è alzato e anche i corpi militari hanno recepito le idee e le linee di Cramer. E il lavoro sta pagando».

Quali sono queste idee?

«Molta più quantità, ma anche molto più allenamento sui ritmi. Ci si fa il mazzo, insomma...».

Parliamo di questi Mondiali, che iniziano giovedì con la sua Sprint ma a tecnica classica?

«Li vivo cercando di arrivarci nella migliore condizione possibile. Obiettivi personali non me ne faccio, tanto meno è una questione di vita o di morte conquistare un’altra medaglia individuale, ma vorrei salire sul podio per l’Italia in una gara a squadre. Team Sprint o staffetta, sarebbe un grande orgoglio».

La prima la farà con De Fabiani?

«Non è stato ancor deciso, ma penso di sì».

Lei però una Sprint classica in Coppa l’ha vinta. E alle Olimpiadi di PyeongChang ha conquistato l’argento...

«Sì. E il tracciato di Planica è inedito, un dettaglio che potrebbe mettere in difficoltà qualcuno, mentre io nella mia storia ho dimostrato di leggere bene queste situazioni. In più è una pista dura, con una salita di più di 30 metri di dislivello che farà la differenza. E mi va bene. E anche l’arrivo non è ad alta velocità e di spinta con le braccia, quindi mi si addice di più. L’obiettivo è cercare di giocare al meglio le mie carte».

L’Italia ha anche la carta Mocellini, la novità già due volte sul podio di Coppa in Sprint classiche.

«Purtroppo Simone ha avuto un intoppo muscolare che l’ha fermato qualche giorno. Un piccolo infortunio, ma in questi casi riprendere non è mai facile. Specie sotto un grande evento. è al suo primo Mondiale, deve prenderlo come esperienza, non mettersi pressione. è forte e intelligente, non deve cadere nell’errore di avere obiettivi troppo ambiziosi. Ha già fatto vedere cose incredibili e parlo con lui continuamente. Mi piace».

Un’ultima domanda: lei nello zaino dei grandi eventi mette sempre piccoli portafortuna, stavolta avrà qualcosa in più per l’arrivo di suo figlio?

«Nessun pupazzetto, ciuccio, oggetti... ma avrò con me qualcosa di vero, migliore: Greta e Alexis. Sì, ho tutto quello che mi serve per provare a stupirmi e a stupirvi».

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