Sci, l'Italia degli uomini non sa fare le curve

La 70ª 3Tre conferma il buio nelle discipline tecniche: tra i giganti della Badia e lo slalom di Campiglio ottenuta una sola top 10
Sci, l'Italia degli uomini non sa fare le curve© ANSA

Fateli davvero allenare con Federica Brignone, Sofia Goggia e Marta Bassino come ha suggerito ieri su queste pagine Giorgio Rocca. Il valtellinese, come purtroppo temuto (previsto?) resta l’ultimo vincitore della mitica 3Tre di Campiglio, ormai 18 anni fa. Un’eternità. Davanti ai suoi occhi e a quelli di Alberto Tomba, il passato fulgido di un’Italia che dominava nelle discipline tecniche (ricordate anche Gustavo Thoeni e Piero Gros?), abbiamo la conferma che i nostri ragazzi non sanno più fare le curve.

Non almeno come richiede lo sci moderno, carvato ma in conduzione, senza inclinazioni e cattiveria o indecisione sulle lamine. Con continuità e stabilità. Facile a dirsi, non a farsi. Tanto più da chi sta seduto dietro una tastiera del computer, ma è evidente il buio pesto nella squadra azzurra sotto tutti i punti di vista, ovvero tecnico e mentale. La scossa di Dominik Paris nella discesa della Val Gardena non è servita, tra i due giganti dell’Alta Badia e lo slalom di Campiglio, le nostre classiche, collezioniamo una sola top10: il 9° posto di Giovanni Borsotti tra le porte larghe.

Alex Vinatzer il migliore

Ieri sul Canalone Miramonti il migliore è stato Alex Vinatzer, il crac (iridato jr 2020, subito due podi in Coppa) troppo atteso e poi perso che sembrava aver dato una svolta lo scorso anno con il bronzo mondiale di Courchevel. Invece il 24enne gardenese è tornato ad avvilupparsi in una confunsione che si traduce in una curva diversa dall’altra. Prima mancahe senza angoli tutta da rischiare, seconda più filante e dura, con le temperature tornate “umane” man mano che la notte avanzava, ma il risultato è stato lo stesso. Nessun adattamento: 13° a 91 centesimi a metà gara, 22° a 1”70 alla fine. Come dire che ha raddoppiato il gap. «Non ho sciato bene, è stata dura - ammette Alex -. Abbiamo molto lavoro da fare, anche a livello di squadra. Personalmente devo liberare la testa dai brutti ricordi delle ultime stagioni». Un’analisi cruda, lucida. Il punto di partenza migliore per tornare in alto. Ma da troppo tempo siamo alle parole.

Gli altri azzurri

Il resto? Peggio. Stefano Gross, ultimo vincitore azzurro nella specialità nove anni orsono a Wengen, agguanta la qualifica per un centesimo ma non sfrutta la pista intonsa nella seconda manche, inclinandosi troppo e deragliando nel primo dosso dopo il muro. «Sapevo che dovevo tirare fuori qualcosa in più, sciare forte per recuperare più posizioni possibili. Ci sta sbagliare. Meglio così che nella prima manche, dove ho tenuto troppo». Giuliano Razzoli, l’altro grande vecchio che a parte il monumentale oro olimpico di Vancourver 2010 è l’ultimo ad essere salito sul podio (terzo a Wengen due anni fa), ha le gambe tagliate dall’influenza intestinale (43°). «Mi è mancata l’intensità, ma questa gara mi servirà per le prossime». Tommaso Sala ancora alle prese con il recupero dall’infortunio dello scorso anno. E gli altri giovani? Tobias Kastlunger, il migliore un mese fa a Gurgl (ma comunque 13°) salta nella prima manche. Qualche segnale arriva dal piemontese Corrado Barbera. Il campione del mondo jr in carica alla seconda apparizione in Coppa del Mondo avvicina la qualifica: 33° a 25 centesimi dalla top30 con il pettorale 54. Obiettivo però centrato dall’austriaco Raschner col 50 e dal francese Deesgrippers col 58. Insomma, si poteva fare. Poche scuse, c’è da lavorare. Tantissimo. Da anni cambiano tecnici, ma quelli che hanno successo sono all’estero e la sciata è vecchia. Stantia. Come i risultati.

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