«Sono a San Antonio e intendo restarci»

«Ero andato a L.A. per vedere com’era, qui ho un ruolo»
TORINO - The italian coaching legend. Così gli americani definiscono Ettore Messina, accanto a Gregg Popovich sulla panchina dei San Antonio Spurs campioni Nba. A 55 anni è tornato, dopo il 2011-12 ai Lakers. Stavolta fa sul serio, con la famiglia.

Messina, la prima sensazione avuta a San Antonio?
«Mi ha colpito l’assoluta dedizione di tutti nel seguire le linee guida che questo sant’uomo traccia da 20 anni. Popovich è come un allenatore di college, ha costruito un sistema. E ora si avvale dei veterani, Duncan, Ginobili, per trasmettere i valori. C’è un fortissimo legame con la tradizione, si percepisce la necessità di conoscere il passato. Per costruire il futuro».

Si avverte il senso di ultimovalzer, il timore della fine del ciclo più longevo nella storia dello sport Usa?
«No, lo si accetta con serenità, ma c’è pure notevole scientificità nell’approccio, nel lavoro, uno studio molto approfondito del futuro».

Coach Pop l’ha presentata benissimo. E i media la definiscono leggendario.
«Ma uno straccio di curriculum l’ho costruito: sanno che ho allenato 40 finali. Certo, tutti sono stati genitilissimi, nel presentarmi e aiutarmi».

Al suo fianco Becky Hammon, una donna. Quando vedremo la stessa figura in Europa?
«Non saprei definire, ma i muri vengono abbattuti. Accadrà, fra pochi anni. E vorrei chiarire: Pop ha scelto Becky perché convinto che sia una grande allenatrice, non per marketing ».

La sensazione però è che San Antonio provi gusto a innovare: giocatori stranieri in predominanza, il sistema di gioco, lei, Hammon...
«E’ vero. Ho colto l’orgoglio nel voler studiare e indicare nuovestrade quando ho visto Popovich felice di illustrare il suo sistema nel clinic a Berlino. Era entusiasta nel parlare a giovani tecnici sconosciuti che s’impegnano a migliorare i giocatori e inculcare un concetto di squadra quotidianamente».


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