Eppure nelle difficoltà offensive si va sull’uno contro uno o pick and roll. E il gioco americano si basa sull’uno contro uno.
«È un’eterna lotta tra palleggiare e passare. Ma molti grandi campioni del momento sono portati alla condivisione, più che in passato, per vincere».
Prime impressioni sull’Italia?
«È presto, ma le impressioni sono davvero buone. Squadre molto competitive, equilibrio, sono sorpreso dagli italiani, tanti ottimi giocatori di ruolo. La qualità degli allenatori è riconosciuta internazionalmente e si vede anche dai giocatori. Nell’adattamento a Reggio Emilia ho grande aiuto dagli assistenti Fucà e Mangone, ma anche da Bencardino che è ben più di un preparatore».
La Grecia ha una grande scuola tecnica, ma di recente sta producendo meno giocatori.
«Non capita sempre di produrre tanti campioni di successo. Ma sono ottimista perché adesso una generazione è in federazione, a cominciare da Spanoulis nuovo ct, passando Zisis team manger, e poi Dikoudis vice, Diamantidis, Tsartsaris, tutti lavorano in federazione».
Torniamo a Reggio Emialia, dove può arrivare. E come riesce a convincere gli americani e in particolare Galloway, ex Nba di lungo corso, al gioco di passaggi, al basket internazionale?
«Con Coldebella abbiamo puntato su giocatori affidabili, esperti, altruisti. Per me un grande aiuto è avere Jamar Smith, che ho avuto 4 anni a Kazan, come un vice allenatore aggiunto. Condivide, fa da tramite, suggerisce. E ovviamente conosce il mio gioco e la mia persona. Per quanto riguarda Galloway, dovreste vederlo in allenamento. Pensereste allora che sia qui da anni. Il basket internazionale calza a pennello al suo modo. Ha una mentalità molto aperta, disponibilità. Stiamo creando una bella miscela. Michel Vitali è ben più di un giocatore di ruolo, abbiamo la disponibilità Uglietti, Chillo, il talento di Hervey, Weber, Atkins». Le due vittorie della UnaHotels Reggio Emilia sono solo le prime.