Dai campi di Serie A alla presidenza del Chieri, l’intervista a Stefano Sorrentino

La nuova vita di Sorrentino è nelle vesti di Presidente del Chieri. L'ex portiere di Chievo e Palermo in esclusiva a TS: «Voglio dare la possibilità ai nostri giovani di realizzare i loro sogni».
Dai campi di Serie A alla presidenza del Chieri, l’intervista a Stefano Sorrentino

Dopo oltre 360 presenze in Serie A, Stefano Sorrentino ha scelto la presidenza del Chieri Calcio. Una carriera tra i pali iniziata nel lontano 1999, quando debuttò in B con la maglia del Torino, poi i prestiti alla Juve Stabia, Varese e all’AEK Atene, prima del ritorno in granata nel 2001, anno in cui esordirà nel massimo campionato italiano. Nel 2005 passa in prestito all’AEK Atene, club dove si trasferirà a titolo definitivo la stagione successiva; mentre due anni più tardi sceglie il clima spagnolo e approda al Recreativo Huelva (club militante nella Liga), per poi trasferirsi al Chievo Verona nel 2008. Nella società clivense gioca cinque stagioni, disputando 165 partite dal 2008 al 2012. Nel 2013, la carriera prosegue nella Trinacria al Palermo di Maurizio Zamparini, dove rimarrà per tre anni, divenendone capitano. Infine, il ritorno a Verona sempre sponda Chievo, che sarà la sua ultima esperienza tra i professionisti prima del ritiro al calcio giocato, avvenuto nel giugno 2020. Dal luglio 2022, invece, Sorrentino ha acquisito la carica di Presidente del Chieri Calcio.

Com’è passare dal campo di calcio alla presidenza di un club e piazza storica come Chieri?

«È come il giorno e la notte, completamente diverso. Devo dire che adesso comprendo maggiormente alcune dinamiche che non mi erano totalmente chiare quando ero un calciatore. Però anche in questo ruolo, così come quando giocavo, vedo una sfida importante e affascinante, che mi regala adrenalina ed emozioni. Sono molto contento del percorso intrapreso».

Nella sua carriera, Lei ha girato il mondo e ha giocato nei migliori campionati, totalizzando 363 presenze in Serie A. Cosa le ha fatto capire di voler scegliere il progetto Chieri e non un altro percorso?

«Quando ho appeso i guantoni al chiodo, non avevo idea di cosa avrei fatto in futuro. Ho frequentato corsi da allenatore, da direttore sportivo e procuratore, ma nulla di tutto questo mi entusiasmava e niente mi faceva provare il fuoco dentro. Quando poi c’è stata la possibilità di acquistare il Chieri Calcio non ci ho pensato due volte». 

Nelle categorie giovanili, il Chieri sta facendo faville: primo posto in U19, U17 e in U15, secondo in U16 (con 5 gol subiti in 12 partite). Ha già ispezionato qualche giovane promessa?

«Non sarebbe giusto fare nomi, anche perché ci sono circa 400 tesserati nel nostro club. Un dato, invece, si può dare e spiega la filosofia del Chieri: nel girone d’andata che si è appena concluso, in prima squadra hanno debuttato nove giocatori provenienti dalla nostra Juniores Nazionale. Sono tutti ragazzi nati tra il 2004 e il 2005 e questo dimostra quanto la società stia investendo sui giovani».

Come valuta questi primi sei mesi alla presidenza del Club? C’è qualcosa che vorrebbe migliorare?

«Il mio motto è che si può sempre migliorare. Nel complesso, sono veramente molto contento. Ho sempre detto che questo sarebbe stato l’Anno Zero. In prima squadra stiamo faticando, è vero, ma c’è stata una rivoluzione e stiamo cercando di puntare sui giovani. Il bilancio è positivo, devo dire che non me l’aspettavo. Sono molto felice di come stiamo lavorando. Antonio Montanaro (direttore generale e dell’area sportiva), Omar Cerruti (responsabile del settore giovanile) e Piero Ciletta (responsabile della scuola calcio) stanno facendo un ottimo lavoro, senza dimenticare i preparatori atletici e dei portieri. Abbiamo fatto la cena di fine anno qualche giorno fa e ho visto un gruppo molto unito, mi ha fatto piacere. Non è sempre semplice mettere d’accordo quasi 450 tesserati e, invece, ci siamo riusciti. Il bilancio è, quindi, molto positivo. Però, voglio sottolineare che la mia vittoria sarà quella di vedere gli “occhi della tigre” in tutti i ragazzi. Voglio dare la possibilità ai nostri giovani di essere presi nelle società professionistiche. Oggi sono proprietario e Presidente, quindi vincere è importante, ma riuscire a realizzare il sogno di un ragazzo per me significa tanto. Sono stato giovane anch’io e ho la piena consapevolezza di quanti sacrifici si fanno. Ringrazio inoltre tutte le famiglie per gli sforzi che fanno ogni giorno».

In carriera Lei ha parato moltissimi rigori, a Cristiano Ronaldo, a Milito, a Di Natale, per citarne alcuni. Tra tutti, quale sceglierebbe per importanza e perché?

«So che può sembrare una frase fatta, ma non lo è. Per me sono tutti importanti. In un gioco collettivo come il calcio, il rigore è una sfida nella sfida. Il portiere ha tutto da perdere, mentre l’attaccante, in un certo senso, ha un vantaggio. Fermare giocatori incredibili come Ronaldo, Milito, Di Natale rappresenta una soddisfazione enorme per me, ma è importante anche riuscire a ottenere una vittoria con tutta la squadra. Tutti si ricordano di quello parato a Cristiano Ronaldo, ma poi quella partita l’abbiamo persa 3-0. Sono stato felicissimo quando ho parato il rigore a Mutu (Cesena-Chievo Verona 0-0) che ci ha permesso di conquistare un punto o quando l’ho neutralizzato a Vargas (Fiorentina-Chievo Verona 0-2) in una gara che alla fine abbiamo vinto. Il calcio è uno sport di squadra e l’importante è permettere a tutto il gruppo di raggiungere l’obiettivo».

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