Prandelli: «Torno ad allenare? Non credo più ai progetti»

L'ex ct dell'Italia torna a parlare della sua esperienza: «La Nazionale è una ferita sempre aperta»
Prandelli: «Torno ad allenare? Non credo più ai progetti»

FIRENZE - A quasi un anno dalla fine dell`avventura mondiale, Cesare Prandelli ha scelto la location della sua casa nel cuore antico di Firenze per gettarsi nel futuro e per elaborare quel passato azzurro perché ancora gli rimane attaccato all`anima: «No, non riesco ancora a guardare in diretta le partite della Nazionale: la ferita è aperta e l'emozione resta troppo grande. Guardo a risultato acquisito... Essere stato il ct della Nazionale è un privilegio enorme: è la squadra di tutti, deve unire ed è giusto spendersi. Non sei l'allenatore di un club e il tuo lavoro non finisce sul campo. Il Mondiale? Ne ho sentite e lette tante, ma non voglio fare polemiche. Il tempo sarà galantuomo, anche sui metodi di allenamento. Dico solo che dopo la frase di un preparatore della Nazionale, a Coverciano, Conte mi ha chiamato per scusarsi. Poi dico che è assurdo inventarsi tutto dopo una sconfitta: se con la Costa Rica andiamo cinque volte in fuorigioco, che colpo ne ha la preparazione?».

RAMMARICO E DIMISSIONI - Un rammarico? Che ci siano mancati giocatori come Giaccherini, Diamanti, Maggio e Montolivo importanti anche per il gruppo. Le dimissioni? Si, forse avrei dovuto aspettare, fare altre riflessioni. Ma sono fatto così, é il mio punto debole: se c'è da prendersi una responsabilità, lo faccio. E, se lo avessi saputo, avrei cercato di convincere Abete a restare. Con lui e tutti gli altri componenti della federazione sono rimasto in rapporti umani molto belli. Decisi di restare il giorno della finale europea di Kiev: avevo voglia di allenare, ma la Federazione mi propose un incarico con supervisione delle giovanili e il progetto mi affascinó».

CAPITOLO GALATASARAY - Lo stesso fascino che esercitò su Prandelli il presidente del Galatasaray subito dopo il ko in Brasile: «Io avevo una voglia fisica di ripartire per lasciarmi alle spalle quei giorni. Arrivò quest'uomo, un visionario, che voleva partire dal Galatasaray, comprare 4 club in Europa e formare una accademy di 1600 giovani che io avrei dovuto coordinare. Ero affascinato, accettai, ma poi tutto si infranse per i problemi interni e quelli economici: a dicembre ci comunicarono il licenziamento perché dovevano rientrare nei parametri Uefa. Una decisione sofferta e siamo arrivati a una transazione 20 giorni fa. Non ho nessuna intenzione di fare il cincinnato: leggo, lavoro i miei ulivi, ma professionalmente rosico perché non vedo l'ora di rimettere le scarpe e allenare. Mi ha cercato qualche club europeo, ma in Italia nulla e non mi stupisce, perché vedo che ci sono scelte strane dei presidenti».

FUTURO - «Progetti? Non ci credo più: ne avete visto funzionare uno in questi ultimi. A parte qualche piccola come l`Empoli o la Juventus, che é un grande progetto che parte dalla B e che dimostra come sia indispensabile che i dirigenti siano presenti a tempo pieno. Vicino alla Juve? Lo sono stato tre volte: mi contattò Moggi quando ero al Parma, poi Alessio Secco ma rinnovai con la Fiorentina e, infine, Bettega quando però scelsi la Nazionale. Aspetto un'idea tecnica, persone credibili e non conta la categoria. L'Empoli? Ha preso Giampaolo che ha avuto meno di quanto meritasse.

CHE ANNO! - Ma questo è un bell'anno: Ancelotti campione d'Europa e poi esonerato; Luis Enrique, che a Roma lavorava tantissimo ed è stato cacciato, ha vinto la Champions. E Allegri che é diventato un allenatore mondiale dopo l'esonero. Conte? Sta dando la propria impronta di gioco e questa é una garanzia. E Balotelli farà un grande Europeo».

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