Juve, se ne è andato il grande Emoli, il mediano di Sivori e Boniperti

Centrocampista di sacrificio e corsa, Emoli prestò i suoi quadricipiti e i suoi polmoni soprattutto a Omar Sivori, a cui era legato da una simbiosi calcistica e anche una simpatica amicizia fuori dal campo. E' scomparso all'età di 81 anni
Juve, se ne è andato il grande Emoli, il mediano di Sivori e Boniperti

TORINO - Il primo dream team della storia moderna della Juventus, la squadra di Boniperti, Charles e Sivori, funzionava anche per l'esistenza di fondamentali gregari, pilastri di abnegazione e dedizione alla maglia come Flavio Emoli, scomparso ieri sera all'età di 81 anni. Centrocampista di sacrificio e corsa, Emoli prestò i suoi quadricipiti e i suoi polmoni soprattutto a Omar Sivori, a cui era legato da una simbiosi calcistica e anche una simpatica amicizia fuori dal campo.

Iniziò la carriera in prestito al Genoa, stabilendo un legame con la città che rimase la sua per tutta la vita (anche se era nato a Torino da una famiglia di origini marchigiane), poi tornò alla Juventus nel 1955 per restarvi per tutto il ciclo del trio magico fino al 1963, vincendo tre scudetti e due coppe Italia. Mediano con spiccata attitudine difensiva e grande recuperatore di palloni, Emoli si tolse lo sfizio di marcare Pelé, in un'amichevole organizzata per le celebrazioni di Italia 61. Rideva sempre nel ricordare quella partita: «Quante botte gli ho dato al povero Pelé e lui niente, neanche una piega. Andavo a dargli la mano per aiutarlo a rialzarsi e quasi gli chiedevo scusa, perché mi sembrava di sfregiare un monumento del calcio e lui mi sorrideva! Sorridevano di meno i compagni, che erano in tournée europea e con Pelé prendevano una cifra, senza Pelé in campo molto meno. Insomma, un infortunio rischiava di mandargli in fumo i guadagni di quel mese e mezzo. E così ogni tanto uno si avvicinava e mi faceva il segno della gola tagliata o altre minacce. Li guardavo e andavo per la mia strada: mi avevano detto di cercare di fermare Pelé e io ci provavo in tutti i modi». Non fermò Pelé, ma moltissimi altri avversari in partite ufficiali sì, diventando un punto fermo di quelle stagioni, apprezzatissimo dai compagni, dagli allenatori e dalla società. Umberto Agnelli lo convocò un paio di volte nel suo ufficio per premiarlo del suo atteggiamento leonino in campo e il figlio Andrea lo aveva coinvolto nel progetto delle Legends bianconere, al quale partecipava sempre orgoglioso, come tre anni fa alla cena ufficiale alla Stadium, dove si era presentato in grande forma, tenuto in forma dal golf che aveva iniziato a praticare «quando non avevo più fiato per correre dietro a un pallone e, soprattutto, a un avversario».

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