Calcio, Ogbonna: «Il mio West Ham è come il Torino»

L’ex granata: «In Premier c’è meno tattica. Ho avuto allenatori diversi: Conte il più carismatico, Allegri il più folle…»
Calcio, Ogbonna: «Il mio West Ham è come il Torino»© PA

TORINO - «Ancora adesso non riesco a scrollarmi di dosso l’emozione. Non è solo per il gol, ma anche per il modo con cui è arrivato: all’ultimo secondo e in una partita così importante»: Angelo Ogbonna è il ritratto della felicità. Martedì sera nei corridoi del Boleyn Ground l’ex difensore di Toro e Juve era il giocatore più richiesto dai giornalisti inglesi e abbiamo dovuto aspettare quasi la mezzanotte prima di riuscire a parlargli. È stato lui l’eroe della serata: il suo gol al 120’ dei supplementari contro il Liverpool, uno stacco imperioso di testa sull’ultima punizione del match, ha permesso al West Ham di superare il replay e qualificarsi al quinto turno di FA Cup, la competizione più storica d’Inghilterra. «Non sono mai stato un goleador - ci ha confidato - Sono state di buon auspicio le parole del mio procuratore (Giovanni Branchini, ndr) che mi aveva preannunciato la svolta quando mi sono trasferito in Premier League».

Ci racconti le sue emozioni dopo questo gol.
«Sono felice di aver regalato questa gioia ai tifosi : è stato speciale segnare al Boleyn Ground perché questo è l’ultima stagione in cui giocheremo in questo storico impianto (il prossimo anno il West Ham si trasferirà all’Olympic Stadium ndr)».

Come si trova nel calcio inglese?
«Qui il calcio è più dinamico e i tatticismi passano in secondo piano. Le piccole non hanno paura di affrontare le grandi come da noi, anzi è uno stimolo in più per esaltarsi. Il campionato più difficile? Non saprei, di certo il più competitivo. In Premier puoi vincere un campionato con 70 punti e tutte le squadre arrivano attaccate, mentre in Serie A e nella Liga il divario è enorme».

Cosa le piace della cultura calcistica anglosassone?
«Qui c’è più rispetto nei confronti del giocatore. Anche quando si perde è ovvio che ci sia qualche mugugno, ma senza offese. Nella gente che viene allo stadio c’è un’educazione che in Italia qualche volta manca. Anche se la sua squadra è sotto di due gol, il tifoso inglese continua a incitarla fino alla fine, mentre in Italia qualche volta sembra di essere al teatro e le tifoserie si esaltano solo quando la squadra vince».

Forse però qui le difese sono più ballerine?
«Qui si prendono più rischi, ma non vuol dire che tatticamente siano meno attenti. La mentalità è poi cambiata molto con l’arrivo di allenatori europei, ad esempio Bilic cura molto la fase difensiva, così come Pochettino al Tottenham e Ranieri, che con il suo Leicester gioca un calcio più pratico».

I compagni che finora l’hanno colpita maggiormente?
«Dire Payet è troppo facile, è l’idolo dei nostri tifosi: fisicamente ha dimostrato di non aver paura dei contrasti duri della Premier e poi ha l’intelligenza calcistica per saper fare la differenza. Altri che potrei citare sono l’argentino Lanzini e l’ex doriano Obiang».



L’avversario che l’ha impressionata di più?
«Ho visto tanti grandi talenti, quello che più mi ha colpito in prospettiva futura è Martial del Manchester United. Non è facile per un ragazzo di 19 anni reggere la pressione di giocare in una squadra così blasonata: mi ricorda moltissimo Coman, mio ex compagno alla Juve e ora al Bayern. Entrambi hanno la giusta personalità e spensieratezza per sfondare».

A proposito di Manchester: sente Darmian?
«Con Matteo ci sentiamo spesso, ho un buon rapporto con lui. Abbiamo passato degli anni bellissimi a Torino prima di spiccare il volo verso altre destinazioni. È un difensore molto duttile e mi fa piacere stia facendo bene».

Torniamo al West Ham, cosa rappresenta questo club per lei?
«Questo club ha una grande somiglianza con il Torino, ha una grande storia e i tifosi sono eccezionali sia in casa che soprattutto fuori. È un club tipicamente londinese, non è posh, ma è radicato nell’est di Londra, è molto cockney (come lo slang che si parla in questa zona della città ndr). Anche per questo inizialmente facevo fatica a capire l’accento del capitano Noble e di altri miei compagni, mi ha facilitato l’inglese più semplice parlato dal mio allenatore».

Cosa ci racconta di Bilic?
«È lui che mi ha voluto qui. Ha un grandissimo carisma, riesce a leggere le partite in modo eccezionale. È un rockettaro, i risultati ottenuti contro il Liverpool sono nati anche da alcuni suoi gesti curiosi: ricordo che prima della partita vinta ad Anfield mise nello spogliatoio della musica rock, era un modo per caricarci».

Bilic è il più rock e gli altri allenatori che hai avuto?
«Ho avuto allenatori completamenti diversi. Il più carismatico è stato senza dubbio Conte. Il più ‘professore’ penso sia stato Ventura, mentre Allegri invece è stato il più folle..».

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