Gol, emozioni, lacrime e 'saudade' per il ritorno alla vita della Chapecoense

La prima gara dopo la tragedia contro il Palmeiras, che era stata l'ultimo avversaria: 2-2. Neto: «Non potevo che piangere ma ora avanti, Dio vuole così»
Gol, emozioni, lacrime e 'saudade' per il ritorno alla vita della Chapecoense© EPA

CHAPECO' (BRASILE) - Il ritorno in campo è come il ritorno alla vita, con tutte le ferite. Quelle del corpo e quelle dell'anima, forse persino più difficili da cicatrizzare. E' la storia della nuova Chapecoense, tornata in campo  in quella che rimarrà probabilmente la partita più emozionante dell'anno anche se il 2017 è appena cominciato. E il difensore Neto, uno dei tre calciatori superstiti entrati in campo prima del match per ricevere la Coppa Sudamericana, fa fatica a rimettere insieme i pensieri. «É incredibile, nessuno pensava che potesse succedere. Entrare sul terreno di gioco, vedere quella coppa, non si poteva che piangere... Sembrava la scena di un film». Troppe sono state le lacrime e le emozioni: l'incontro e il pianto sul terreno dell'Arena Condà assieme ai familiari dei colleghi morti nell'incidente aereo del 29 novembre scorso, per consegnare loro le medaglie destinate ai campioni della competizione.

EMOZIONI, LACRIME E 'SAUDADE' - E poi vedere il trofeo che veniva consegnato a Jakson Follmann, il secondo portiere che lo ha alzato dalla sedia a rotelle in cui si trova dopo che gli hanno amputato parte della gamba destra. A quel punto il pianto si è fatto irrefrenabile, per il ragazzo che ha già detto di volere un futuro da atleta paralimpico, e per Neto e l'altro sopravissuto che sogna anche lui di tornare a giocare, il terzino Alan Ruschel: non si sa bene come e quando, ma un giorno succederà. Sul campo, in uno stadio gremito in ogni ordine di posti, in cui è stato impossibile non commuoversi e dove tanti pregavano mentre guardavano la partita, è finita 2-2, contro il Palmeiras. Questa squadra era stata l'ultima rivale affrontata dalla Chapecoense prima di quel volo maledetto verso Medellin. Per questa il club di San Paolo ora campione del Brasile ha voluto esserci anche sabato scorso, di nuovo avversario della 'Chape', per dare il proprio contributo (l'incasso è andato ai familiari delle vittime), e per far vedere che la vita ricomincia sul serio anche se è impossibile dimenticare. Lo ha detto, anzi urlato nel microfono, un altro dei superstiti, il radiocronista Rafael Henzel, che ha voluto tornare ai microfoni proprio in quest'occasione, anche se non è ancora guarito. Ma è riuscito ugualmente a fare la 'narrazione' del match e anche lui non ha potuto fare a meno di commuoversi.

GROLLI NELLA STORIA - Al gol di Douglas Grolli, il primo della nuova vita della Chape (che tra i pali ha schierato l'ex romanista Artur, definito una volta da Spalletti «il miglior terzo portiere del mondo»), le parole gli si sono mischiate alle lacrime, e il cuore - ha poi rivelato - gli esplodeva di gioia. Anche perché a segnare era stato proprio Grolli, 27enne difensore arrivato in prestito dal Cruzeiro ma calcisticamente nato nella Chapecoense, dove ha chiesto di tornare per dare il proprio contributo alla rinascita della squadra che porterà sempre nel cuore e di cui ora dice che «non sarà mai più la stessa cosa, ma ne costruiremo un'altra forte». «Ma tutto questo non è stato un film - riprende Neto -, ma la mia vita. Così l'emozione ha preso il sopravvento. E' stato qualcosa che non riesco neppure a descrivere: ho guardato negli occhi delle mogli, dei figli e degli altri familiari dei miei amici e colleghi che non ci sono più e ho sentito qualcosa di differente. Spero che nessuno debba vivere ciò che stiamo vivendo noi superstiti, è qualcosa che influisce sulla mente. Vorresti che non fosse successo, e invece è accaduto. Dobbiamo andare avanti con forza, e molta fede». Per la prima volta ha calpestato di nuovo l'erba di quello stadio teatro delle imprese di una 'cenerentola' del calcio brasiliano proiettata improvvisamente sulla ribalta continentale, a un passo dal sogno e poi sprofondata nel dramma. Dall'esaltazione della conquista della finale a spese del San Lorenzo argentino allo schianto dell'aereo rimasto senza benzina. «Ho pianto tantissimo - racconta Neto -, soprattutto quando sono entrato lì sul campo. Mi sono ritornate in mente le immagini della partita con il San Lorenzo. Ancora non ce l'avevo fatta a tornare sul terreno di gioco, credimi amico è qualcosa difficile da spiegare. Ti tornano in mente tante immagini, quell'ultima partita...Le emozioni hanno il sopravvento, ma bisogna cercare di rimanere forti. Dio mi ha permesso di vivere e anche se mi rimane dentro tanta 'saudade' devo seguitare a lottare per recuperare e tornare. E' ciò che ora sogno sempre».

Chapecoense, buona notizia: Neto cammina

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