Razzi: «Kim tifa Inter, io Juventus. Temevo mi sparasse»

Incontro con l’ex senatore: «Trump? Faceva l’asino. Porterò Dybala e i miei bianconeri in Corea per giocare l’amichevole della pace»
Razzi: «Kim tifa Inter, io Juventus. Temevo mi sparasse»

TORINO - «Io volevo anche dirglielo a Trump: Donald, ma checccazzo vai a Singapore, che lì si mangia pure male. Ma vieni da me, no? Nel mio paese, Giuliano Teatino, provincia di Chieti. Ma vieni in Italia, no, a stringere ‘sta benedetta mano a Kim! Lo portavo in Abruzzo. A tutti e due gli facevo mangiare gli arrosticini e bere il Montepulciano. Altro che Singapore. A Kim Jong-un l’avrei convinto, siamo amici. Mi ascolta, mi sorride sempre. Ma Donald non mi ha mai risposto alla mia lettera. E pensare che avevo anche fatto la campagna elettorale per Trump, su twitter. Gliel’avevo scritto, a Donald, un anno fa: sono un senatore italiano, sto lavorando per la pace con la Corea del Nord. Gli avevo detto che avevo incontrato Kim. Che potevo aiutarlo a evitare la Terza guerra mondiale. Si faceva prima, se mi chiamava. Invece ha fatto l’asino. Lo dicevo già molti mesi fa che stava facendo l’asino, con Kim: diceva che era un bambino idiota. E l’altro gli dava del vecchio rimbambito. Però anche Berlusconi non mi chiama più. Per la prima volta dopo tanti anni non mi ha nemmeno telefonato per il mio compleanno. In realtà non me lo passano più al telefono, il presidente: è diverso. Tra l’altro Silvio mi deve restituire il mio cartellino. Perché io sono come un calciatore, a un certo punto sono diventato di sua proprietà e lui in politica ha ancora il mio cartellino, anche se non mi ha fatto più ricandidare. Me lo deve restituire anche perché ora posso andare da Salvini e tornare a far politica. Ma di questo parliamo dopo. Ahò, ve lo dico subito. Ho detto al giornalista di Tuttosport di scrivere come parlo. Perché gliel’ho detto, al giornalista: se poi tu mi cambi un po’ le parole e mi fai parlare come un professore, nessuno ti crede che ti sei intervistato proprio Razzi, cioè io. Pensano che ti sei inventato tutto. L’altra notte ero in mutande davanti alla tv per vedere in diretta questo incontro tra Kim e Trump. Ero stanco morto, alle 3 di notte. Ma alla stretta di mano ho pianto di gioia. Io l’avevo capito subito che sarebbe finita così. Perché quando a Pyongyang fissai Kim negli occhi, capii subito che non era un feroce sanguinario ma che voleva la pace. Uno sguardo così dolce. Altro che lo zio fatto sbranare da 120 cani. O che ha ammazzato un generale sparandogli contro una palla di cannone perché s’era addormentato mentre lui parlava. Tutte cazzate. Maldicenze. Macché dittatore. Mò vi dico la mia storia con Kim.

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HO LE CONOSCENZE, IO - Tutto è partito dal 2011. L’anno che Kim prende il posto del padre alla guida della Corea. Lo sapete, no, che da giovane aveva studiato a Berna e che andava a San Siro a vedere l’Inter e il Milan? Gli piace molto il calcio italiano. La nostra grande tecnica. Tifa Inter. Io Juve. Juventinissimo. Ma non abbiamo mai parlato di calcio. C’è troppa rivalità tra Inter e Juve, non volevo creare un motivo di attrito tra noi. Di mezzo c’era la pace del mondo. Pensavo, ridendo: Antò, non parlare della Juve a un interista, sennò poi questo qua ti spara! Però se la Juve vince 7 scudetti un motivo sotto ci sarà, no? Siamo forti. Avevo anche scritto a Marotta di comprare Han, il nordcoreano del Cagliari. Ci si poteva fare il bisines con Han, anche se costa 15 milioni. Già solo con i gaggett e le magliette da vendere ai cinesi la Juve poteva recuperare la spesa. L’ho portato io in Italia, Han. Parliamo in tedesco, io e Kim. Io ho vissuto per tanti decenni nella Svizzera tedesca, sono immigrato da ragazzino, c’era tanta povertà nella mia famiglia, si poteva mangiare la carne solo a Pasqua e a Natale. Io quando tornavo a casa dalla scuola elementare mi mettevo a zappare la terra. Ho sempre lavorato a Lucerna, un grande industria tessile. Comunque vi stavo dicendo che sono venuti da me degli emissari da parte del governo della Corea. Senatore, mi dice uno di loro, il nostro maresciallo... perché dovete sapere che Kim lo chiamano così i coreani... Senatore, il nostro maresciallo ci ha mandato qui da lei perché ci trovi una scuola di calcio in Italia, è innamorato del calcio italiano, vuole che i migliori giocatori coreani vengano da voi a imparare. Io avevo le conoscenze. L’ho portato all’Inter, al Milan, alla Juve, con quell’emissario incontrai i dirigenti. Però poi mi disse che voleva che la scuola fosse più vicina a Roma, perché lì c’è l’amba sciata. Allora ho chiesto al mio amico e collega Franco Carraro. Era stato presidente della Federcalcio, del Coni. Gli dico, a Carraro: a Fra’, eccheccavolo, tu sei stato al vertice del calcio, trovami una scuola calcio per favore. Lui mi dà il numero di Francesco Ghirelli, che ora è il dg della Lega Pro. Chiamo anche lui. E mi parla di Alessandro Dominici, un grande uomo davvero, e della sua bellissima scuola calcio vicino a Perugia, a Corciano. Parlo con Dominici, è contento. Ma io non so un talent scò: non so capire al volo se un ragazzino è bravo o no al calcio. Siamo nel 2012. Avevo già portato l’ambasciatore coreano a vedere la scuola. Era entusiasta. E così io, Dominici e un allenatore portoghese siamo andati in Corea a vedere i ragazzi da prendere: era il 2013. Poi nel 2014 ho portato anche Salvini della Lega, lì con me. In questo modo poi ho conosciuto Han e l’ho fatto portare in Italia. Ha giocato nel Perugia e ora fa gol in A col Cagliari: il primo nordcoreano nella storia del nostro calcio. Pure Choe avevo fatto venire, quello che dopo ha giocato nella Primavera della Fiorentina. Comunque appena vidi giocare Han mi piacque subito. Veramente bravo. Hanno campi bellissimi in Corea. Noi ce le sogniamo le loro strutture bellissime. Conobbi anche Pak Doo-Ik, faceva il supervisore del calcio a Pyongyang, quello che ci ha buttato fuori dai Mondiali inglesi nel ’66.

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TORINO - «Io volevo anche dirglielo a Trump: Donald, ma checccazzo vai a Singapore, che lì si mangia pure male. Ma vieni da me, no? Nel mio paese, Giuliano Teatino, provincia di Chieti. Ma vieni in Italia, no, a stringere ‘sta benedetta mano a Kim! Lo portavo in Abruzzo. A tutti e due gli facevo mangiare gli arrosticini e bere il Montepulciano. Altro che Singapore. A Kim Jong-un l’avrei convinto, siamo amici. Mi ascolta, mi sorride sempre. Ma Donald non mi ha mai risposto alla mia lettera. E pensare che avevo anche fatto la campagna elettorale per Trump, su twitter. Gliel’avevo scritto, a Donald, un anno fa: sono un senatore italiano, sto lavorando per la pace con la Corea del Nord. Gli avevo detto che avevo incontrato Kim. Che potevo aiutarlo a evitare la Terza guerra mondiale. Si faceva prima, se mi chiamava. Invece ha fatto l’asino. Lo dicevo già molti mesi fa che stava facendo l’asino, con Kim: diceva che era un bambino idiota. E l’altro gli dava del vecchio rimbambito. Però anche Berlusconi non mi chiama più. Per la prima volta dopo tanti anni non mi ha nemmeno telefonato per il mio compleanno. In realtà non me lo passano più al telefono, il presidente: è diverso. Tra l’altro Silvio mi deve restituire il mio cartellino. Perché io sono come un calciatore, a un certo punto sono diventato di sua proprietà e lui in politica ha ancora il mio cartellino, anche se non mi ha fatto più ricandidare. Me lo deve restituire anche perché ora posso andare da Salvini e tornare a far politica. Ma di questo parliamo dopo. Ahò, ve lo dico subito. Ho detto al giornalista di Tuttosport di scrivere come parlo. Perché gliel’ho detto, al giornalista: se poi tu mi cambi un po’ le parole e mi fai parlare come un professore, nessuno ti crede che ti sei intervistato proprio Razzi, cioè io. Pensano che ti sei inventato tutto. L’altra notte ero in mutande davanti alla tv per vedere in diretta questo incontro tra Kim e Trump. Ero stanco morto, alle 3 di notte. Ma alla stretta di mano ho pianto di gioia. Io l’avevo capito subito che sarebbe finita così. Perché quando a Pyongyang fissai Kim negli occhi, capii subito che non era un feroce sanguinario ma che voleva la pace. Uno sguardo così dolce. Altro che lo zio fatto sbranare da 120 cani. O che ha ammazzato un generale sparandogli contro una palla di cannone perché s’era addormentato mentre lui parlava. Tutte cazzate. Maldicenze. Macché dittatore. Mò vi dico la mia storia con Kim.

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