La rivolta dei giovani in fuga fa felice un uomo: Mancini

Da Scamacca a Lucca e Viti: gli under italiani espatriano a caccia di spazio, sognando la gloria
La rivolta dei giovani in fuga fa felice un uomo: Mancini© Marco Canoniero

Ricomincio dall'estero. Roberto Mancini non ha altra scelta. Per quanto possa far male, infatti, non possiamo continuare a illuderci: la Serie A non è da tempo il miglior campionato al mondo. Nemmeno il 2° e, forse, neanche il 3°. La miopia dei dirigenti nostrani ha infilato il nostro movimento nelle sabbie mobili. Salvo le rare e dolorose eccezioni - dolorose perché dimostrano che in Italia se ci si mette d'impegno le cose si possono fare e anche bene - i nostri stadi fanno letteralmente schifo. In giro per il mondo se ne sono accorti ed è per questa ragione che preferiscono dare di più per i diritti tv non solo alla Premier e alla Liga, ma anche alla Bundesliga, un campionato ostaggio della noiosa egemonia del Bayern che, però, è riuscita a evitare la fuga dei tifosi dagli stadi.

Meno soldi, meno trofei, meno campioni. Tutto secondo copione. Tranne un piccolo grande dettaglio: anche gli italiani cominciano a guardare ai campionati esteri sempre prima e sempre con maggiore interesse. Non si tratta più di fare un anno di Erasmus con l'obiettivo di tornare alla base e mettere in pratica quanto imparato fuori. Gianluca Scamacca, Lorenzo Lucca e Mattia Viti hanno deciso, sulle orme di Donnarumma, di andare a fare tutta l'università fuori, così come aveva fatto a suo tempo anche Verratti che, dopo essersi laureato, ha pure trovato lavoro ed è rimasto a Parigi. Per quanto riguarda, invece, altri due campioni d'Europa emigrati quest'estate, Insigne e Bernardeschi, il loro addio lascia un po' d'amaro in bocca perché la sensazione è che avrebbero avuto ancora qualcosa da dare a una Serie A che non ha saputo leggere tra le linee della sentenza Bosman e, 37 anni dopo, è piena zeppa di bidoni, mezzi bidoni, bidonicchi e anche qualche quaquaraquà: sia italiano che straniero.

Sull’altra faccia della medaglia, l’innegabile salto di qualità che Scamacca, Lucca e Viti daranno alla propria carriera. E sebbene le altalenanti prestazioni in azzurro di Verratti sono lì a dimostrare che non sempre questo si traduce in un vantaggio indiscutibile per la nazionale, non c’è dubbio che il loro livello sia destinato a migliorare, così come ci sono pochi dubbi sul fatto che il pescarese sia tra i migliori o, forse, il migliore in assoluto tra i centrocampisti italiani degli ultimi due lustri. Sotto questo aspetto, c’è da dire, il Mancio non si è mai fatto problemi a guardare oltre i confini, incoraggiando i giovani a non aspettare la propria opportunità, ma di andarsela a cercare altrove: Jorginho, Emerson e lo stesso Verratti sono stati pedine importantissime dell’Europeo vinto nel 2021. Un trionfo diventato ancora più epico dopo la mancata qualificazione, la 2ª consecutiva, al Mondiale. Non si può parlare di miracolo, perché nel calcio non ne esistono. Dietro una vittoria ci sono ore di allenamento, lavoro, sudore e una buona dose di carisma, solidarietà ed entusiasmo, oltre a un po’ di fortuna. Anche perché il titolo di campioni d’Europa arrivò alla fine di una lunghissima striscia di risultati utili consecutivi. Tuttavia, quelle che avrebbero dovuto essere le basi del rilancio si sono rivelate castello di carte. E venuta giù una sono cadute tutte le altre. Ed è per questo che il fenomeno Scamacca&C. dev’essere vissuto come opportunità di crescita personale, ma anche e soprattutto come monito che ci dovrà spingere a riflettere sul fatto che, per migliorare anche a livello collettivo, c’è bisogno di (ri)creare le condizioni affinché sia il Torino e non l’Ajax a far debuttare in Champions Lucca, un suo ‘canterano’, che invece è stato regalato al Palermo.

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