Al calcio guardate con diffidenza?
«No, il calcio è meglio dell’immagine che qualche volta dà di sé. Come tutti i mondi ipermediatizzati amplifica in modo esagerato tutto, anche le storture del sistema. Ma bisognerebbe saper distinguere. Ogni mondo ha i suoi personaggi buoni e quelli cattivi. Anche il calcio. Il problema per noi è, semmai, che il calcio tende a essere polarizzante, soprattutto nel nostro Paese, dove peraltro non stiamo cercando visibilità. A livello locale, all’estero, abbiamo qualche partnership: con Arsenal maschile e femminile, per esempio. Ma dubito che ci sarà il nostro marchio su qualche maglietta».
Cosa deve avere uno sport, un atleta o un club per essere sponsorizzato da voi?
«Deve condividere i nostri valori, che sono i valori di un’azienda di famiglia da oltre un secolo».
Quali sono?
«Li definirei valori umani tradizionali, fra cui spicca la trasparenza: se diciamo una cosa quella è. Ci deve essere volontà di costruire qualcosa insieme. E poi ci sono i valori più profondi che hanno radici ancora più antiche, se penso che già mio nonno era attentissimo a quella che ora chiamano responsabilità sociale d’impresa. Noi trattiamo caffè: la materia prima viene importante dai Paesi della fascia equatoriale, tendenzialmente Paesi poveri e c’è sempre stata molta attenzione al rapporto con le popolazioni locali. Oggi, pur non essendo quotati, veniamo chiamati a spiegare i nostri modelli di governance ad aziende quotate in Borsa. In definitiva abbiamo un asset valoriale molto sabaudo: fare le cose per bene e non vantarsene troppo. Che poi è il bello e, qualche volta, il brutto di questa città».
Parliamo del Marco Lavazza atleta. Primo batticuore per quale sport?
«Calcio e sci. Insieme. Per anni mi sono diviso fra la porta e le porte. Facevo il portiere, ruolo folle e difficilissimo, e secondo me non abbastanza celebrato. E nel frattempo praticavo lo sci agonistico. Alla fine hanno prevalso gli sci, con una particolare predilezione per la discesa libera. Ecco, a proposito di batticuore è impagabile quello di quando sei al cancelletto di una libera, davanti a te il vuoto e una serie di salti da compiere “sulla fiducia”, perché la pista non la vedi».
Sportivo preferito?
«Adesso mi piace molto Sinner, nostro brand ambassador, perché come me sciava. Mi ha spiegato che nel tennis si trova meglio perché puoi studiare l’avversario e correggere eventuali errori adattandoti a lui. Nello sci non sai cosa e come ha fatto il tuo avversario».
Emozione sportiva più forte di tutte?
«Il Mondiale del 2006. Avevo provato una cocente delusione nel 1990, anche e soprattutto da portiere...».
Atleta più grande di sempre?
«Ecco, qui devo spiegare il mio concetto di campione che per me è un fenomeno in campo e anche fuori. Quindi dico Gaetano Scirea, ma anche Javier Zanetti e Paolo Maldini».
Nata nel 1895, la Lavazza non ha mai abbandonato la città, anche se si è espansa in 140 Paesi diventando un marchio globale: «Quando al controllo passaporti leggono il mio nome, mi capita che qualcuno mi guardi strano e mi chieda se c’entro qualcosa con il caffè. Ovviamente rimane molto stupito del fatto che la nostra azienda sia ancora una azienda famigliare e che, soprattutto, ci siano persone fisiche con il nome Lavazza», spiega il vicepresidente Marco. Nata a Torino, nel 1895, Lavazza è oggi una delle più grandi aziende mondiali del caffè, con un fatturato di 2,2 miliardi di euro, presente in 140 mercati, con 9 stabilimenti produttivi in 6 Paesi e oltre 4.200 collaboratori in tutto il mondo. Tutto partendo e rimanendo a Torino, dove adesso c’è la Nuvola, il quartier generale nel cuore della città, costruzione avveniristica che è diventata anche un punto di riferimento culturale, oltre che cuore di un’azienda che non ha mai abbandonato le sue radici. «Di solito si dice che la prima generazione costruisce, la seconda sperpera, la terza distrugge, no? (ride) Beh, noi siamo alla quarta e sempre solidi, quindi dovremmo aver scampato il pericolo». E forte come quello con la città, c’è il legame con lo sport, che vede Lavazza impegnata su molti fronti con un focus paticolare per il grande tennis. «Il rapporto di Lavazza con questo sport è iniziato oltre dieci anni fa nel tempio del tennis - a Wimbledon - per poi arrivare a tutti i tornei del Grande Slam raggiungendo col tempo risultati straordinari: ogni anno Lavazza entra in contatto con più di 3 milioni di persone, e negli anni ha offerto agli appassionati di tennis un’esperienza di gusto straordinaria servendo più di 10 milioni di caffè».