Continua la nostra narrazione sulla storia di maglie e simboli dei club mondiali. Aneddoti, originalità, stravaganze. Memorie straordinarie e sorprendenti. Talora strabilianti. Una miniera di curiosità.
Penarol è Pinerolo
Parte addirittura dal XVIII secolo (1775) la vicenda che attraverso un “iter” singolare portò oltre cent'anni dopo alla fondazione del club più famoso d’Uruguay: il Penarol di Montevideo, poi vincitore di 3 Coppe Intercontinentali (il Benfica di Eusebio, il Real Madrid di Gento, l’Aston Villa di Withe “scalpi” eccellenti), 5 Libertadores e 53 campionati. Il progenitore era un latifondista piemontese, Giovanni Battista Crosa, trasferitosi con la moglie Francisca Pérez Bracaman (galiziana che sposò a La Coruña) a Montevideo dove acquistò dei terreni a oriente del Río de La Plata. Chiamò la sua proprietà Villa Pinerolo, dal nome della città in provincia di Torino in cui era nato. Conosceva l’italiano, come no, ma parlava più spesso (e volentieri) in piemontese, cosa che del resto si faceva abitualmente pure a Casa Savoia. E dunque nel “patois” tipico della Val Chisone - diciamo franco-piemontese - il nome di Pinerolo è pronunciato, ancor oggi, “Pinareul”. Che nel corso del tempo secondo la fonetica ispanica mutò rapidamente in Penarol. Così come il nome di battesimo di Crosa si trasformò nei documenti ufficiali in Juan Bautista. Nella zona a una dozzina di chilometri da Montevideo in cui s’era insediato, Crosa cominciò aprendo una “pulpería”: non precisamente un’osteria specializzata nella cucina del polpo, bensì un emporio, un po’ drogheria, un po’ birreria, un po’ piola (giustamente piemontese) e anche un po’ centro sociale. Ottenuta l’indipendenza anche grazie all’aiuto del più illustre dei piemontesi, Giuseppe Garibaldi nato a Nizza Marittima (Stato sabaudo), nel neonato “Estado Oriental del Uruguay” si cominciarono a costruire le ferrovie, di cui gli inglesi erano specialisti. Arrivarono d’oltre Atlantico e scelsero proprio le terre della famiglia Crosa (Peñarol nel frattempo era divenuto un “barrio” periferico dell’allargata Montevideo) per organizzare l’inizio dei lavori. Diciassette ettari dove si sarebbero edificate le prime fabbriche e di conseguenza sarebbe nato un villaggio. I sudditi di Re Giorgio V portarono con sé sui bastimenti varie mazze, guantoni e palle da cricket nonché alcuni palloni da calcio, anzi “football” come si diceva a quei tempi. Un gioco, quest’ultimo, che stregò subito i latino-americani. Tanto che venne persino coniato un celebre motto in occasione dei primi Mondiali vinti in casa dalla Nazionale “Celeste”: se la madre del calcio è l’Inghilterra, il padre è l’Uruguay. Ma torniamo al Penarol. Il 28 settembre 1891 nacque il “Central Uruguay Railway Cricket Club” fondato da operai e impiegati della ferrovia “Central Uruguay Railway”, di proprietà britannica, che operava in Uruguay dal 1878. Denominazione lunga e complicata per i tifosi ispanofoni che chiamavano il club Curcc riferendosi alle lettere dell’acronimo. I colori adottati erano l’oro e il nero, quelli dell’innovativa “Locomotora Rocket” ovvero gli stessi della società ferroviaria. Oro come il sole e nero come il carbone. I giocatori, infatti, sono soprannominati “aurinegros” o anche “carboneros” (in italiano cinciallegre, gli uccellini dal piumaggio giallonero). Il 13 dicembre 1913 l’appellativo diventò Penarol e il 12 marzo 1914 la denominazione ufficiale mutò definitivamente in Club Atlético Penarol. Nel 1991, in occasione del centenario, la squadra montevideana fece il viaggio inverso di Crosa e si recò in Piemonte per disputare un’amichevole-gemellaggio allo stadio “Luigi Barbieri” contro i dilettanti biancoblù del Pinerolo.