Agnelli: «Niente stella d'argento per la decima coppa Italia»

Il bilancio della stagione del presidente bianconero: «Una stagione di successo non può essere giudicata solo dalle coppe alzate al cielo»

TORINO - «Siamo orgogliosi di quello che abbiamo fatto». Parola di Andrea Agnelli. Il presidente della Juventus fa un bilancio della stagione due giorni dopo la finale di Champions League persa contro il Barcellona: «Paratici e Marotta quel 16 luglio hanno dimostrato tutta la loro calma e abilità per continuare a vincere, trovando la soluzione migliore. Allegri è stato bravissimo è entrato in punta di piedi, ha avuto coraggio di guidare la Juventus in un momento storico, aveva grandissime pressioni, ma la sua consapevolezza di far crescere ulteriormente la squadra hanno fatto sì che abbia ottenuto i risultati ottenuti che sono sotto gli occhi di tutti».

SINTONIA - «Per riuscire a raggiungere un risultato come questo c’è bisogno di grande sintonia fra le componenti. Io cerco sempre di farlo capire. Ci sono tre componenti nella società: la società, l’allenatore con il suo staff e la squadra. Qui alla Juve siamo un tutt’uno, tutti utili, nessuno indispensabile, è la forza del gruppo che fa la differenza». «Di Marotta ho parlato, ma voglio parlare di Mazzia che si occupa della parte finanziaria e della parte immobiliare, come quella della Continassa che nel giro di tre anni creerà un vero e proprio Mondo Juventus dietro lo stadio. La terza persona è Francesco Calvo a cui fanno capo tutte le fonti di ricavo: lo stadio, le aree digitali, gli sponsor e adesso anche il retail e il licensing. Di licensing avete parlato per l’accordo con Valentino Rossi, ma non sono solo i grandi nomi a creare fatturato».
 
RISULTATI - «Le plusvalenze generate vanno contate! Dissento leggermente - prosegue Agnelli - dal metodo di conteggio della Deloitte, è vero che una cessione eccellente potrebbe”drogare” il fatturato, ma se le plusavalenze sono risultati ricorrenti vanno conteggiate. Adesso avendo oltre 300 milioni di fatturati ci permette di competere con i grandi club europei, a questo punto Marotta e Paratici sono nelle condizioni di gestire al meglio la cosiddetta potenza di fuoco sul mercato per competere con le grandi d’Europa. Veniamo da un quarto di finale di Champions, una semifinale di Europa League e una finale di Champions League. Per me una stagione di successo non può essere giudicata solo dalle coppe alzate al cielo. E’ ovvio che il dna della Juventus è quello di vincere ogni competizione alla quale partecipiamo, ma quando giudico il lavoro di chi lavora alla Juventus per me una stagione di successo è arrivare competitivi in ogni competizione a primavera. Per quanto riguarda il risultato economico significa rispettare i numeri che ci diamo anno per anno. E’ recente l’accordo chiuso in Messico per una sponsorizzazione regionale, su ispirazione di quanto fa il Manchester che ricava circa 20 milioni da queste attività. E’ questo un altro esempio delle molteplici attività che vengono svolte. Spesso in una squadra di calcio si vedono il presidente, il direttore, l’allenatore e qualche giocatore... Di solito ricevo io i complimenti, ma il mio privilegio è di guidare un vero e proprio gruppo di leader che nelle sue competenze sono dei grandissimi professionisti».

SVILUPPO - «Per quanto riguarda la politica del calcio, voglio parlare di livello internazionale. Per il quarto anno sarà consigliere dell’Eca, presieduta da Rummenigge, in quella sede c’è veramente unità di intenti per lo sviluppo del calcio e la condivisione dei problemi. C’è attenzione allo sviluppo del calcio in ogni sua dimensione, dal piccolo al grande. Il rapporto con l’Uefa è ottimo, io sono parte del comitato per lo sviluppo delle competizioni. E stiamo discutendo l’equilibrio fra le due competizioni: la Champions è l’eccellenza economico-sportiva, l’Europa League ha altri obiettivi. Sappiamo benissimo le differenze fra le due competizioni».

PROBLEMI - «Credo che abbia ragione Tommasi sulla figura della Figc, il calcio ai calciatori. Le istituzioni devono essere gestite da chi conosce il sistema valoriale del calcio. Se l’Italia vuole tornare a essere competitiva deve rendersi conto delle problematiche del calcio attuale. La finale di Champions della Juventus o le semifinali di Napoli e Fiorentina sono il frutto di un’ottima gestione dei club in questa stagione, non perché il sistema calcio sia migliorato. Questo ha portato qualche punto in più nel ranking, ma i problemi li conosciamo e rimangono. Il problema numero uno sono gli impianti sportivi, gli altri stadi in Italia lo conosciamo, ma si deve trovare un modo per ristrutturare in modo importante quelli esistenti per la sicurezza e per quello che è successo di recente. Abbiamo deciso di investire sulla goal line tecnology e si spendono circa 400mila euro per questa tecnologia. Noi per la sicurezza abbiamo queste telecamere Panomera che possono risolvere i problemi della sicurezza e costano costa 180.000, la metà. Noi spendiamo 400mila euro per decidere su 3/4 gol-non gol all’anno e non spendiamo la metà per risolvere problemi di sicurezza ogni domenica».

Cosa succederà sul calciomercato?

«Come d’abitudine le vicende del calciomercato sarà pane quotidiano del direttore Marotta e dei suoi collaboratori. Saranno sicuramente in grado di prendere le decisioni migliori per continuare a vincere, c’è piena fiducia».

Cosa farà la Juventus per rafforzare l’immagine nel mondo arabo?

«Le attività sono limitate, c’è una lista di priorità e non possiamo affrontare il mondo in un giorno solo. Le priorità sono Nord America, Cina, risvegliare il Giappone, poi Europa e distribuzione merchandising e marchio. Il grosso per i Paesi di lingua araba sarà il digitale».

C’è qualche gruppo internazionale che voglia entrare nel club, qualche socio importante?

«Non c’è e non lo stiamo cercando. Lo dico con il cappello di Exor, mi permetto di dare una risposta essendo nel consiglio di Exor: non stiamo cercando soci. Il lavoro svolto è stato fatto con il pieno appoggio di mio cugino Yaki, di intraprendere un percorso con investimenti importanti e di fiducia che oggi ci permettono di guardare al 5/6° posto di fatturato in Europa. Ci ha permesso di lavorare con il pieno della fiducia».

Due giorni dopo la finale c’è più orgoglio o delusione?

«Dal punto di vista del tifoso la sensazione è mista: delusione e orgoglio. Noi volevamo vincere: abbiamo subito, abbiamo pareggiato, abbiamo giocato venti minuti di calcio esaltante, potevamo vincere, abbiamo perso. Non sono felice, ma sono orgoglioso».

Dal suo punto di vista c’è un ciclo che va a finire, anche pensando a un rinnovo della squadra in futuro?

«Quando penso a Morata, Pereyra, Rugani, Dybala... Il più determinante è stato Morata. E ha 22 anni! Guardiamo i giovani che crescono».

La Juventus sta capitalizzando 300 milioni di euro, la metà del Milan è stata ceduta per 500 milioni: ha senso rimanere in Borsa?

«Beh, Fininvest non ha ancora annunciato i numeri. Guardo i numeri del Milan e faccio fatica a trovare un senso a quel numero, poi certo il marchio è qualcosa di intangibile».

I risultati di Juve, Napoli e Fiorentina non sono frutto del sistema calcio: cosa manca?

«Mancano gli impianti in primis, in secondo luogo un vero progetto sportivo: la riforma dei campionati, per esempio».

Rimarrà alla guida della Juventus?

«Sto molto bene dove sto. Non vedo nessun tipo di cambiamento. Nel breve sono molto felice dove sono. Abbiamo la continuità da dare al progetto sportivo, abbiamo grosse sfide commerciali, grosse sfide internazionali, il Mondo Juve da costruire. Sono molto motivato»

Morata rappresenta il futuro della Juventus?

«E’ il presente della Juventus, un presente brillante. Per il futuro chiedete a Marotta».

Ci sarà la stella d’argento per la decima coppa Italia?

«Non metteremo nulla sulla maglia».

Cosa pensa di quello che sta succedendo alla Fifa?

«E’ prematuro fare commenti su quello che succede alla Fifa, dovremmo fare una valutazione fra qualche mese per capirne la portata. Certo, non dà una grande immagine del calcio».

Come sono i rapporti con la Figc a livello giudiziario?

«La mia posizione è sempre la stessa del passato. Argomento che non ha più senso parlarne».

Del tesoretto Champions quanto andrà al debito e quanto al mercato?

«Il nostro debito è assolutamente sostenibile. Stiamo monitorandolo ovviamente per non farlo crescere. L’attività sarà sempre rivolta alla parte sportiva che è prioritaria, se non arrivano i risultati non otteniamo le risorse, poi ovviamente c’è da tenere d’occhio il costo della produzione».

Vi sentiti isolati nel calcio italiano?

«Qual è la progettualità del calcio italiano? Non mi sento isolato, le partite si giocano, il miglior esempio di calcio è l’Empoli. I punti li abbiamo lasciati al Genoa o a Parma... La cultura sportiva c’è ed è forte, vincere il campionato italiano è sempre difficile. Abbiamo fatto 87 punti, abbiamo fatto il nostro mestiere... Non mi sento isolato, mi sento incapace di riuscire a influire concretamente sulle politiche sportive. Continuerò a portare avanti le nostre idee, non sempre trovano la condivisione di tutti, cercheremo di fare sempre il massimo».

Le proprietà straniere hanno lasciato un segno scarso a livello sportivo, a livello politico danno qualcosa?

«Io non ho mai nascosto che la rivalità sul campo con la Roma è forte e storica, c’è sempre voglia di prevalere. Ma con Pallotta mi trovo sempre in sintonia per lo sviluppo del calcio italiano. Analogo il discorso con Thohir che ha l’esperienza dello sport americano, con cui mi trovo abbastanza in sintonia. Con gli italiani si parla sempre di un milione in più oggi invece di dieci milioni in più domani. Porteremo avanti le nostre idee perché il calcio italiano torni a essere il numero uno. Il calcio italiano è il numero quattro al mondo, non è un buon risultato perché eravamo i numeri uno».

Si è mai chiesto come sarebbe andata con Antonio Conte in panchina?

«Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Cosa sarebbe potuto essere stato è una domanda fine a se stessa senza nessuna utilità».

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