Da Ancelotti a Klopp, addio al posto fisso

La panchina scoperta: mai così tanti tecnici di grido rimasti senza squadra
Da Ancelotti a Klopp, addio al posto fisso

TORINO - Per scelta o per costrizione. Per differente ambizione o per congiunture di mercato. Per caso o per fortuna, quanti allenatori di grido restano a spasso. Da Carlo Ancelotti, lo scorso anno campione d’Europa e del mondo, fino a Walter Mazzarri, ancora “traumatizzato” dall’esonero all’Inter, da Cesare Prandelli, bruciato dal Mondiale brasiliano e dal Galatasaray, fino a Roberto Di Matteo, trionfatore in Champions con il Chelsea ed esonerato dallo Schalke 04. Un lungo elenco di big in cerca di nuova sistemazione o del giusto equilibrio emotivo, dopo tanto stress e qualche delusione di troppo. Si continua con Francesco Guidolin, che soffriva da tecnico ma anche lontano dal campo, e poi Luciano Spalletti, prima zar di San Pietroburgo e poi orpello dello Zenit in qualità di tecnico sollevato all’incarico. Roberto Donadoni, ex ct azzurro, ha vissuto fino all’ultimo la terribile esperienza (sportiva-economico-umorale) di Parma, mentre Vincenzo Montella è andato allo scontro con i Della Valle e ha detto addio alla Fiorentina. 

I SANTONI - Oltreconfine, anno sabbatico per Jurgen Klopp, santone ex Borussia Dortmund che sembra aver perso il tocco magico. E poi i grandi vecchi come Harry Redknapp e Jupp Heynckes, chissà quanto stanchi e quindi volontariamente fuori dai giochi. E resta aperto il caso riguardante Fabio Capello, ct della Russia messo sotto accusa anche al governo. «Sarebbe un disastro non andare agli Europei», tuona il ministro dello sport, anche perché nel 2018 ospiteranno i Mondiali. E in settimana potrebbe arrivare la rescissione.

COSA FANNO? Montella è a Ischia con la famiglia. Ci pensa il figlio Alessio, giocatore della Roma, a farlo diventare “social” postando foto e scatti privati sorridenti. Il distacco dalla Viola è stato traumatico, a suo modo. E a chi lo chiamava, dopo quei giorni pesanti, tipo il Napoli, l’aeroplanino ha sempre detto “no, grazie”. Ancelotti idem, ad Adriano Galliani, direttamente dal Canada. E non solo per motivi medici. «Ringrazio il Milan per l’interesse. È difficile dire di no a un club a cui voglio tanto bene. Devo riposare. Vi auguro il meglio». Nella sostanza, aspetta un top club, anche in corsa, monitorando Bundesliga, la situazione di Pep Guardiola, e l’amata Premier League. A volte la sosta è “propedeutica”, quasi un aggiornamento professionale in giro ad a osservare, come fece proprio Guardiola dopo aver lasciato il Barcellona. Se ne andò a New York un anno, con la famiglia, e imparò una nuova lingua, visto che si sarebbe trasferito in Germania. Missione compiuta, tanto che si presentò a Monaco parlando un apprezzabile tedesco, da subito. D’altronde, il tiki taka rivisitato in salsa bavarese non poteva certo essere spiegato in spagnolo o in catalano.

RILANCIARSI - E’ difficile ripartire da vincenti, figuratevi da perdenti. Chiedere lumi a Prandelli, ancora scottato dal disastro azzurro e da quello turco. E va bene il calcio storico a Firenze, si può vedere, partecipare, applaudire. Poi, però, ripensi al tuo lavoro e vorresti ricominciare. Sì, ma da dove? «Cerco una sfida», dice l’ex ct riproponendosi dopo settimane di meditazione. «Ho iniziato ad allenare nel 1990, sono passati 25 anni in cui ho sempre allenato e ora sono fermo. E’ una sensazione strana».

DA LIPPI A LAUDRUP - E poi ci sarebbe Marcello Lippi che, conclusa l’esperienza da direttore tecnico in Cina, va in barca dalle parti della sua Viareggio. Nonno e pensionato? Macché, pare cerchi ancora un’esperienza all’estero, una nazionale. E l’ex bianconero Michael Laudrup prometteva tanto ma si è perso e cerca rilancio dopo aver mollato il Lekhwiya, club di Doha che lo aveva ricoperto di dollari. Promettevano anche Murat Yakin, Gustavo Poyet, Andrea Stramaccioni e Pippo Inzaghi. Ma queste sono altre storie, appena agli inizi. Così sperano.

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