Champions League, Juve spavalda nella bolgia Real

TORINO - Se Allegri a parole disegna arabeschi nell’aria avvertendo in un colpo solo il Real e il Barcellona, cioè non proprio due squadrette di quartiere, quando prende carta e penna torna a ragionare terra terra. Ma in realtà sui suoi foglietti scolpiti con l’inchiostro, in cui riporta le tattiche degli avversari e le contromisure della Juve, si intravede tra le righe quella stessa enorme ansia da prestazione, riveduta però con leggerezza psicologica, che funge da volano anche per i proclami. Ansia da prestazione, ma «con la gioia di essere dove siamo», dice il tecnico. Traduzione complessiva del pensiero allegretto: a Madrid i bianconeri saranno chiamati a scalare un Monte Bianco (blancos, per meglio dire), dovranno esprimersi per forza su livelli straordinari, ma con uno stato d’animo sereno, con l’entusiasmo e non con la preoccupazione in viaggio nelle vene. Dell’aspetto psicologico si parlerà un’altra volta. Qui proviamo a infilare le mani proprio tra quei foglietti dell’allenatore, dove compare innanzi tutto una grande tentazione: il desiderio di schierare al Bernabeu una Juve tatticamente impostata per assorbire e restituire i colpi, in un florilegio di ripartenze. Allegri ha una convinzione: a meno di miracoli, per arrivare a Berlino sarà decisivo segnarealmeno un gol. Di qui si dilata quella tentazione di cui sopra, connessa con la possibilità di restituire a Pogba una maglia da titolare in Champions: scendere in campo al Bernabeu con il 4-3-1-2, che in fase difensiva può trasformarsi in 4-4-1-1. Un modulo che nella fase offensiva offre maggiori possibilità ad Allegri di sorprendere la squilibrata retroguardia madrilena. «Il Real ha un tasso tecnico superiore, ma concede sempre qualcosa agli avversari», spiegava Lippi prima dell’andata. Analisi tanto sintetica quanto acuta: e lo si è visto eccome, martedì scorso.

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