© www.imagephotoagency.itTORINO - Per carità, non v’è dubbio alcuno: Pep Guardiola è un vincente (parlano curriculum e palmares per lui) ed è un personaggio carismatico. Molto, molto carismatico. Solitamente ha grande ascendente sui tifosi delle squadre che allena, sui suoi giocatori, sui suoi dirigenti. Quantomeno, si intende, finché non si mette nelle condizioni di dover annunciare il suo addio al Bayern a stagione ampiamente in corso, ma questa è un’altra questione... Il punto, semmai, è se quell’ascendente anziché su tifosi, giocatori, dirigenti finisce per provare - più o meno indirettamente - ad esercitarlo sui direttori di gara e sui collaboratori dei direttori di gara.
A suon di richiami, suggerimenti, rimproveri, interventi continui; come, appunto, è accaduto mercoledì sera allo Juventus Stadium durante il match d’andata dei quarti di finale di Champions League. Chi era nei pressi del tecnico, martedì, racconta di esser stato rapito, rimanendo stupefatto, dal modo in cui il tecnico dei bavaresi abbia impiegato la maggior parte delle sue energie per contestare/invocare decisioni arbitrali; piuttosto che per fornire dettami tattici ai suoi giocatori. E poniamo pure per buono il fatto che questi ultimi non avessero bisogno di chissà quali suggerimenti, ciò non vuol comunque dire che ne avessero necessariamente bisogno gli arbitri.