Milan-Napoli, il derby Champions consola ma l’Italia resta dietro

Per anni abbiamo applaudito differenti realtà calcistiche protagoniste in Europa: ora che la sfida è tutta italiana ci rendiamo conto che non basta a considerare guarito il nostro calcio

Ciò che invidiavamo agli altri è divenuta inaspettatamente una questione italiana. Per anni abbiamo applaudito differenti realtà calcistiche protagoniste di derby nelle coppe. E ci bruciava dentro, costretti a sottolineare come fossero movimenti calcistici all’avanguardia, mentre noi... Per carità, ritrovare una sfida targata Serie A in Champions non significa sostenere che il nostro calcio sia guarito. I problemi sono sotto gli occhi di tutti, a cominciare dall’annosa vicenda di stadi inadeguati (da affidare a una salvifica, e non ancora certa, organizzazione di Euro 2032) per passare alla battaglia del grano sui diritti tv, supporto che tiene in piedi i conti pericolanti dei club. Però vedere stasera l’andata dei quarti tra Milan e Napoli, ammettiamolo, fa un certo effetto. È un incrocio su cui pochi avrebbero scommesso, non tanto per il rendimento degli azzurri quanto, piuttosto, per gli alti e bassi dei rossoneri. Bravo il Napoli a mantenere le attese nella fase a gironi e a gestire al meglio la pratica Francoforte agli ottavi. Bravo il Milan a classificarsi secondo, dopo aver preso schiaffi dal Chelsea, e ad approfittare delle contraddizioni del Tottenham per arrivare fin qui.

Milan-Napoli, sono cambiate le prospettive

Un doppio confronto che, improvvisamente, ha cambiato le prospettive emerse dopo il responso dell’urna. Perché chi pensava a un turno da favorito per il Napoli, sull’onda dell’enorme vantaggio accumulato in campionato (sintomo di forza non contenibile), ha dovuto cambiare idea dopo l’impronosticabile 4-0 del Milan al Maradona. Ha confermato la tendenza dei confronti nelle ultime tre stagioni - tre vittorie azzurre a Milano e tre rossonere a Napoli - e messo una pulce nell’orecchio al gruppo di Luciano Spalletti. Perché un Milan così diventa cliente scomodo nei confronti a eliminazione diretta, incroci in cui si è sempre esaltato quando ha affrontato una italiana. Tre precedenti, ogni volta vincente: con l’Inter nelle semifinali Champions 2003 e con la Juventus nella successiva finale, quella dei rigori a Manchester; ancora contro l’Inter nei quarti 2005, quelli del 3-0 a tavolino nel ritorno, dopo il fumogeno piovuto addossa a Dida dalla Curva Nord. La dimostrazione, senza scomodare i ricorrenti e ritriti discorsi sul Dna europeo dei rossoneri, della storica capacità di gestire un certo tipo di situazioni, cui aggiungere anche il discorso tattico (Bennacer su Lobotka) con cui Stefano Pioli aveva incartato gli avversari al Maradona. Ma se l’esperienza europea può essere intaccata dal nuovo che avanza, allo stesso modo Spalletti avrà individuato le carte con cui giocarsela stasera al Meazza, anche se dovrà fare ancora una volta a meno di Osimhen (e sono tre su tre con il Milan).

Milan-Napoli, confronto aperto e soldi

Un confronto dunque aperto e una partita che significa soldi: quelli degli incassi e quelli del passaggio alla semifinale, che vale da sola 12 milioni e mezzo. Una circostanza importante, ma con il Milan che dovrà avere un occhio di riguardo per la Champions che verrà e dove la concorrenza per uno dei primi quattro posti è feroce. Quella attuale vale per la gloria e altri introiti, certo. Quella targata 2023-24 sarà fondamentale per le casse, visto che solo l’accesso alla fase a gironi pesa per 15,64 milioni mentre i risultati (le tre vittorie e il pareggio di questa stagione) hanno garantito altri 9 milioni e rotti. È sul fronte Serie A, più che su quello europeo, che si deciderà il futuro rossonero. A meno di non sollevare di nuovo la Champions.

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