Conte: «Spero Pirlo torni, altrimenti rischia la Nazionale»

Il ct della Nazionale: «Io avuto il privilegio di indossare questa maglia e di diventare ct, a disposizione ho un gruppo di ragazzi che ne incarnano lo spirito»

FIRENZE - Antonio Conte apre il ritiro di Coverciano che porterà alle amichevoli contro Belgio (venerdì a Bruxelles) e Romania (martedì prossimo a Bologna. E Conte inizia la strada che porta alla fase finale dell’Europeo con una grande e complicata missione: disegnare l’Italia del "dopo-Pirlo".

Lei ha sempre detto che chi non gioca con continuità non troverà spazio: i due americani Pirlo e Giovinco non giocano col campionato Usa fermo fino a marzo...
«Giovinco non è qui perché ha problemi al ginocchio, altrimenti ci sarebbe. La mancata convocazione di Andrea prevista perché da 3 settimane il campionato è fermo e lo sarà a lungo. C’è da parte mia l’esigenza di fare valutazioni. Di lui ho una stima immensa, ma proprio per questo devo essere molto freddo e lucido. Andrea va per i 37.... Vediamo. Devo iniziare a guardarmi intorno, poter pensare anche a un’Italia senza Pirlo. Sperando che a marzo le risposte siano importanti».



Ha inciso la crescita di Verratti in questa valutazione? e a questo punto spera che Pirlo torni all’Inter?
«Se Pirlo tornasse in Italia io sarei molto molto contento. Avrei la possibilità di vederlo sempre, lui di allenarsi in un certo modo e sono convinto che potrebbe ancora fare la differenza. Il mio timore è che la lontananza possa fargli perdere tutto questo. Una paura che chiunque avrebbe al posto mio. Vediamo: un discorso che devo fare e per cui devo avvisare tutti, per onestà. Sarò il primo a essere felice se Andrea avrà le carte in regola, ma nemmeno posso essere uno sprovveduto e farmi trovare impreparato. Verratti? No, dipende da Pirlo: se lui sta bene, trova sempre posto con noi. Poi Verratti sta crescendo bene in tutto: uno di quelli che mi hanno dato dimostrazione di tenerci tantissimo, mettendosi in discussione, infortunio compreso. Io mi butto nel fuoco per giocatori così».

Ora mancano entrambi. Come si risolve?
«Chiariamo: Verratti non è Pirlo. Pirlo è un play, Marco è meno regista e più centrocampista. Sono diversi. Con la Norvegia mancavano entrambi eppure fatto bene. Ma noi non siamo nelle condizioni di appoggiarsi ai singoli: tutto passa attraverso il gioco che deve fare emergere le qualità individuali».

Alla presentazione della nuova maglia lei ha detto: chi non capisce il valore della maglia azzurra è inadatto e inopportuno
«E’ una cosa storica. Ero sul palco con due ex compagni come Zambrotta e Ambrosini. Io lho indossata e so cosa trasmette: non capirne il valore non è giustificabile»

Un avviso per Insigne? Ci fu tensione quando lui tornò lo scorso ritiro e poi giocò ne Napoli...
«No, non è un avviso ai naviganti. Fin dalla mia prima conferenza da ct ho sostenuto che avrei voluto una squadra che rendesse orgoglioso il popolo italiano con giocatori che sentissero la maglia come una seconda pelle. Fin dall’inizio al centro del progetto abbiamo messo il gioco e non il singolo, che del restio fa emergere. L’altra cosa è la moralità: guardo con attenzione atteggiamenti in campo e fuori. L’atteggiamento, la voglia e la passione di chi viene qui. Concetti triti e ritriti ma vanno mesis al centro. C’è chi li ha capiti subito, che pian piano, chi sta facendolo. Ho detto che non ascolterò venti di nord e venti del sud e che non bastano due gol. Voglio atteggiamento eccezionale per fare cose eccezionali. Per cogliere traguardi straordinari hai bisogno di uomini straordinari. E non ce ne sono tanti...».



Ma 24 anni, tanti quanti ne ha Insigne, quanto è difficile barcamenarsi tra le esigenze di un club e quelle della Nazionale?
«Prima il riferimento era Balotelli, ora è Insigne, abbiamo cambiato soggetto... Qui non c’è un riferimento personale, ma cose generali che stiamo cercando di rinforzare di mese in mese. Vediamo la cosa bella: la convocazione di De Silvestri, un ragazzo che si è rotto il ginocchio per noi. Altro è Verratti che con l’Azerbaigian ha giocato con problemi al polpaccio, altri avrebbero alzato la mano. Quando varcano i cancelli di Coverciano devono pensare solo all’azzurro. Quando De Silvestri si ruppe, io chiamai la Samp ed erano più dispiaciuti per la Nazionale loro di me».

Da qui all’Europeo ci saranno poche altre prove: chi è qui ha un vantaggio? Chi è rimasto a casa dovrà fare cose straordinarie per avere speranze azzurre?
«Questo sicuramente. Noi abbiamo fatto un percorso con un gruppo - qualificati da primi e da imbattuti - e io non posso non tenere conto. Ma io guardo quel che succede: la convocazione di Okaka ne è la testimonianza. Ceri stesso aveva già fatto parte del gruppo. Aiutati che dio ti aiuta... Già oggi sono in difficoltà nel pensare a chi dovrò lasciare a casa dei 23...»

Ora si parla tanto di modello Belgio. Ci sarà mai un modello Italia, magari col marchio di Conte?
«Questo non lo so. Anche perché i modelli hanno una data di inizio, ma serve tempo perché attecchiscano. Al centro del nostro progetto c’è il gioco, proporre qualcosa interessante tatticamente e che possa emozionare. Mi auguro che chi vede l’Italia dica che si riconosce un lavoro».

Il Belgio è primo nel ranking Fifa
«Prima di Germania, Argentina e Brasile a testimonianza di crescita. E’ un top club: ho scelto questo tipo di amichevoli perché volgio testare la squadra, capire a che punto siamo e se possiamo permetterci certe scelte tattiche. Abbiamo diversi assenti, soprattutto a centrocampo. Sono curioso».

Chi vincerà lo scudetto?
«Io non mi sento la responsabilità di dire chi lo vincerà, anche per non fare la parte del gufo. Ritrovare la Fiorentina in tesa è uno spot per il calcio perché dimostra che se fai le cose per bene i risultati arrivano, anche se sei meno attrezzato delle big. Ribadisco i complimenti ai viola. Lavoro e serietà pagano. Poi il Napoli che cresce, la Roma che dà continuità, la Juve che sta uscendo da una situazione di difficoltà, il Milan che ha recuperato punti, l’Inter in testa. Un campionato avvincente e che fa bene a tutti».

Segue anche i giovani dell’Under 21?
«La volta scorsa ho chiamato Berardi, poi seguiamo Bernardeschi. Se lui dovesse continuare a unire qualità a quantità è sicuramente molto interessante. Ci sono spazi aperti da qui a giugno, ma andranno occupati in maniera seria e a 360 gradi: tecnico, morale, comportamentale e motivazionale».

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