L’Heysel, gli azzurri e la memoria: ecco cosa succederà al 39’ di Belgio-Italia

Oggi al minuto 39’ di Belgio-Italia la partita verrà interrotta per ricordare le vittime dell’Heysel. Il giornalista e scrittore Emilio Targia, autore di “Quella notte all’Heysel”, spiega perché quell’interruzione deve lasciare qualcosa.
L’Heysel, gli azzurri e la memoria: ecco cosa succederà al 39’ di Belgio-Italia© EPA

TORINO - Oggi al minuto 39’ di Belgio-Italia la partita verrà interrotta per ricordare le vittime dell’Heysel. Il giornalista e scrittore Emilio Targia, autore di "Quella notte all’Heysel", spiega perché quell’interruzione deve lasciare qualcosa.

Di partite interrotte ce ne ricordiamo tante. Per una bislacca invasione di campo, per una monetina nell’occhio dell’arbitro, per gli scontri sugli spalti, per una nevicata infernale. Ma stasera l’interruzione della partita amichevole della nazionale di calcio di Conte a Bruxelles contro il Belgio, prevista al minuto 39 del primo tempo, avrà un sapore diverso. Sarà un fermo-immagine, un attimo simbolico. Uno dei giocatori azzurri butterà fuori la palla e fermerà il tempo. E la partita. Proiettandoci all’indietro di 30 anni. Per ricordare i 39 morti della strage in quello stesso stadio. Ora si chiama “Re Baldovino”, ma è inutile. Per tutti sarà sempre e solo lo stadio Heysel. Lo stadio della vergogna. Dove incapacità, violenza, superficialità e irresponsabilità pretesero un prezzo altissimo. Oltre a quei morti, i 600 feriti, e un numero immenso di persone segnate per sempre nell’anima. E’ certamente da apprezzare il fatto che la Federazione di Tavecchio insieme agli azzurri abbia deciso di dedicare questa amichevole in terra belga al ricordo di quella notte sciagurata.

Importante che il presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, Andrea Lorentini, sia presente a Bruxelles. Suo padre, medico, diede la vita nel tentativo estremo di salvarne altre, quella sera, all’Heysel. Bello vedere Giorgio Chiellini con un mazzo di fiori di fronte alla lapide commemorativa posta dove prima sorgeva il settore “Z” della curva maledetta. Commovente vedere Buffon abbassare gli occhi e poi inginocchiarsi, di lato, quasi di nascosto, come un gesto privato, di fronte a quel luogo di dolore incancellabile. E bello sapere che la maglia azzurra “39” verrà ritirata, con un gesto forte (anche se devo confessare che mi sarebbe piaciuto ancora di più che invece venisse indossata in futuro con un + davanti da alcuni giocatori azzurri, a rotazione, in qualche amichevole).

Ma credo che per dare ancora più valore a questi importanti attimi simbolici, occorra che divengano un punto di partenza e non di arrivo. Occorre che quei gesti, questa partita, incentivino e stimolino un percorso di memoria costante, solido, attento, scrupoloso. E che non siano solo una pur bella e toccante celebrazione di un ricordo, ma senza un seguito all’altezza. Perché la durata è la forma delle cose.

Mi viene in mente una bella frase di Silvia Maronato, una delle animatrici di “Erto Incanto”, la maratona oratoria che si è tenuta quest’anno sotto la diga del Vajont: "occorre istigazione alla memoria". Rende bene l’idea. Perché poi, quel prezioso patrimonio di attenzione che la partita di stasera provocherà, non deve andare disperso. La “memoria” dev’essere un impegno, un cimento quotidiano, negli angoli delle nostre vite, nei “tempi” nascosti del nostro vivere.

A scuola, al bar, all’Università. In una cena in famiglia, nella prossima partita, dentro a un talk televisivo… Mi piace pensare alla manutenzione della memoria come ad un lavoro in cui sporcarsi le mani quotidianamente, tra grasso e bulloni, e viti e colla e vernice. Perché è poi anche attraverso la cura quotidiana e meticolosa del ricordo che passa la vita della memoria. Banalmente, si potrebbe cominciare col sostituire le lampadine fulminate vicino alla lapide commemorativa allo stadio Heysel.
Perché senza memoria, assomiglieremmo tutti a quelle lampadine rotte.
Saremmo luci spente.

Emilio Targia

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