Italia, Conte: «Dopo il Mondiale passi indietro come i gamberi. Il Chelsea? Non è tabù»

Il tecnico della Nazionale spiega la sua decisione di lasciare la guida degli azzurri: «Mi sentivo in garage, il campo mi manca. Il Chelsea? Sicuramente farò un'esperienza all'estero prima o poi, ma potrei anche ripartire da club italiani»
Italia, Conte: «Dopo il Mondiale passi indietro come i gamberi. Il Chelsea? Non è tabù»© Massimiliano Vitez/Ag. Aldo Live

COVERCIANO - Antonio Conte parla dopo più di tre mesi: erano i sorteggi Europei. Sono successe molte cose: soprattutto la sua decisione di ufficializzare l’addio. «Mi era stato chiesto di fare chiarezza prima degli Europei visto che avevo il contratto in scadenza. Ho ponderato la decisione sotto tutti i punti di vista e non appena certo di quello che sentivo l’ho comunicato al presidente. Lui è la persona che mi ha voluto, che mi ha scelto. L’ho comunicato in maniera molto serena».

Cosa la stuzzica dell’Inghilterra?
«In questo momento niente. Io sono nelle vesti di ct ben lieto di esserlo, questa è una esperienza fantastica che mi rimarrà sempre. Che mi ha molto completato e che mi ha insegnato molto: massimizzare i tempi, rapporti in poco tempo. Ho sempre invidiato gli allenatori che hanno rappresentato Italia in manifestazioni importanti, Ora tocca a me, sono contento e daremo il massimo».

L’addio al calcio italiano è motivato dalle delusioni con la Lega e con il calcio italiano?
«Ma no. Da parte mia c’è la volontà di essere chiaro. Non è assolutamente un addio al calcio italiano, Ci sono cresciuto. Vinto e perso, soddisfazioni e dolori. Il futuro lo valuterò. I rapporti con la Lega? Purtroppo bisogna capire quando si è incudine o martello. In questo caso siamo incudine. Ne prendo atto. Il riferimento è il presidente. Ne prendo atto anche se mi dispiace. In questi due anni era pro o contro Antonio Conte: la Nazionale è di tutti e non mia. Sarebbe servito per il movimento e per tutti gli italiani. Ma capisco che sia più semplice e faccia più appeal andare sul nome».

Ma lei come sta? Prevale l’ansia del risultato o l’entusiasmo?
«Mi sento con tanta voglia di lavorare. Mi eccita questo appuntamento importantissimo a giugno. Ci abbiamo lavorato per due anni. Sono eccitato, carico. Pronto a lavorare. Sono esperienze che capitano una sola volta: un grandissimo orgoglio e grande responsabilità. Il gruppo è importante, sappiamo che sulla carta ci sono nazionali più forti, ma con il lavoro e con l’essere squadra possiamo colmare dei gap. Una decisione forte: questi mesi saranno uno stillicidio quotidiano. Questo fa parte del gioco. Se avessi portato avanti la decisione altri mi avrebbero accusato di mancanza di rispetto. Purtroppo manca l’abitudine a persone che parlano con trasparenza. Spesso lasciamo che il tempo risolva i problemi. Io sono molto sereno e chi mi conosce sa che tutto posso essere tranne che non trasparente. E questo paga sempre. Tutto finisce, ma io devo e voglio avere la forza di vedere in faccia le persone. Io l’ho sempre fatto. Anche a costo di essere fumantino».

Ha comunicato a Tavecchio la tua prossima destinazione?
«No. Io dovevo comunicagli la decisione, non dove sarei andato. Sono sato combattuto. Perché è difficile abbandonare un gruppo in cui lavori bene. Prevalse molte situazioni, ascoltato il mio cuore».

Qual è l’eredità che sente di lasciare?
«Abbiamo lavorato molto sulla maglia. Sulla necessità che ritorni la voglia di vestire quella maglia. E penso che i risultati si sino visti. Qui si viene con grande voglia: chi non può esserci è dispiaciuto. Ritrovato dei valori importanti che si erano persi. C’è un gruppo che sta crescendo e che può fare bene. Il settore giovanile in questi sei anni (4 di Sacchi 2 miei) avuto risultati importanti. Siamo qualificati con l’Under 17 e ora speriamo con Under 19. Il lavoro c’è».

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C’è il problema della finale di Coppa Italia: ha già deciso la data del ritiro pre Europeo?
«Ancora non l’ho presa. Sempre una piccola speranza che possa cambiare, se resterà quella prenderò decisioni: volevo dare sette giorni di riposo. Si parla tanto di tutela dei calciatori... Io non chiedevo giorni in più per me, ma per avere calciatori più brillanti dopo la stagione. Farò riflessioni». 

Si può pronunciare la parola Chelsea? Quando hai deciso?
«Dopo la qualificazione agli Europei, a ottobre... Sarà stata la gioia, mi aveva riempito di soddisfazioni un gruppo che faceva quello che chiedevo e li ho valutato l’opportunità di resterà. Poi, però, sono passati altri 4 mesi ed è stata dura: 4 mesi senza allenare e pensare ad altri due anni così era una difficoltà. Bisogna capire dove si è felici. Qui lo sono, ma so anche che farei molta fatica a stare ancora in garage. Chelsea? Per me non è un tabù... Ma potrei anche cominciare da squadre italiane. Queste scelte non vengono fatte superficialmente e senza strascichi, una parte del cuore fa fatica: ora vedremo il futuro...»

Le ultime due gare con la Spagna hanno prodotto due sconfitte: cosa si aspetta?
«Un impegno bello tosto. Ho voluto apposta queste due amichevoli contro le favorite all’Europeo proprio perché mi interessa capire contro squadre di questo livello come siamo messi. Speravo di potrò avere tutti i miei effettivi a disposizione perché lo considero molto significativo. Quello spagnolo ha portato tre squadre in Champions e tre in Europa League».

La situazione della Nazionale inglese è simile a quella dell’Italia: buon campionato ma Nazionale che fatica...
«Quello inglese è un abito molto ambito da calciatori e da allenatori. Molto interessante da tutti i punti di vista. Quello inglese e quello spagnolo sono interessanti. Io per ora sempre allenato in Italia, ma non ho mai nascosto la mia voglia in futuro di confrontarmi con altri paesi, se a breve o poi, sicuramente accadrà».

Hai sentito Pirlo? Può rientrare?
«Con Andrea non mi sono sentito. C’è talmente un bel rapporto e una stima professionale tale che non c’è bisogno di telefonarsi. Sto facendo delle valutazioni. Avrei voluto farle in precedenza, ma mi ritrovo a due mesi di distanza ad ascoltare il campionato e a fare delle valutazioni sulle caratteristiche dei calciatori. Devono essere eclettici, non specialistici del ruolo. Conteranno molto le caratteristiche di ognuno».

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Come mai tanti colleghi inglesi? 
«Fa piacere avere tanta stampa estera... »

In che percentuale conta la mancanza del campo e in quale l’essere incudine?
«Quando un auto è in garage è lontano dalla strada e si sente il profumo dell’auto... Poi, su incudine e martello bisogna essere obiettivi: ci sono momenti e momenti, non sono stato solo io incudine, ma anche chi mi ha preceduto e chi mi seguirà. Dopo il fallimento mondiale eravamo partiti con altri propositi, ma poi siamo andati come i gamberi. Poi se il mio presidente mi dice certe cose, posso esserne dispiaciuto ma ne prendo atto».

C’è il pericolo che i giocatori azzurri non abbiano più le motivazioni giuste?
«Io lavoro sulle motivazioni per una parte. Quella più grande è il lavoro tecnico-tattico. Dovessi indicare una percentuale a livello di motivazioni indicherei il 20 per cento. Ma, detto questo: o uno o è sempre generale o non lo è mai. Di sicuro non lo diventa...».

Ha conviocato Bernardeschi...
«E’ una voce che arriva dal campionato, come Jorginho. Avrei potuto arrivare a 40 calciatori... E’ qui per merito: non c’è tempo per perdere tempo. Devo capire se è utile già ora o se lo diventerà».

Che immagine le suscita Ranieri che può vincere la Premier?
«E’ una immagine altamente positiva. Anche lui arriva da ct: se non sbaglio lui pure ha detto, dopo la Grecia, che voleva il campo. Ha ricevuto meno di quel che ha dato a livello di vittorie. Ha allenato grandi club, una persona per bene e spero che riesca a farcela».

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