Italia, ecco Ventura: «Ringrazio Conte per la squadra che mi ha lasciato»

Il nuovo ct si presenta: «Vogliamo subito diventare protagonisti, sarà una Nazionale eccitante. Barzagli? Gli parlerò»
Italia, ecco Ventura: «Ringrazio Conte per la squadra che mi ha lasciato»

INVIATO A FIRENZE - L’era di Giampiero Ventura sulla panchina della Nazionale azzurra è cominciata alle 16.10 di martedì 19 luglio. Sereno e motivato, il nuovo ct ha mostrato grande carica ed entusiasmo. «Sono assolutamente felice di essere qui, ma soprattutto orgoglioso di essere stato scelto a rappresentare una delle nazioni più importanti al mondo, Ringrazio Tavecchio, Uva, ma anche Conte perché mi ha lasciato una squadra con delle conoscenze, con la cultura del lavoro, che è ciò che mi ha accompagnato nel mio percorso. Parto avvantaggiato perché allenare la Nazionale c’è pochissimo tempo. Nello stesso tempo l’Europeo ci ha dato la consapevolezza che attraverso organizzazione, compattezza, unione d’intenti e disponibilità si possono raggiungere risultati importati, C’è la possibilità di ritagliarsi uno spazio di protagonisti. C’è bisogno di tutti, noi saremo disponibili ma abbiamo bisogno di essere protagonisti insieme alla squadra per non disperdere il bene che si è ricreato intorno alla maglia azzurra».

Pensava di emozionarsi così tanto e cosa teme di questa eredità?
«Non sono emozionato, sono felice, Non ho più l’età per emozionarmi. La realtà del nostro calcio è quello che ha detto l’Europeo: a casa ne sono rimasti pochi. Ci sono molti giovani in rampa di lancio, ma ci vuole tempo e dare la possibilità di lavorare senza bruciarli. La base di partenza è quella dell’Europeo e poi si vedrà: io sono uno sponsor dei giovani».

Lei ha sempre portato qualcosa di nuovo tatticamente Cagliari, Bari... Quali idee di sviluppo ha e quando pensa di inserire i giovani?
«Ci sono le annate nel calcio: quelle dei difensori, dei centrocampisti. Adesso quelli degli esterni, ce ne sono tantissimi. Il problema è che il 3-5.2 li penalizza: allora pensare a qualificazione e poi a futuro con modifiche tattiche e con giovani da inserire, ma senza bruciarli. Crescita graduale, ma un peccato non sfruttarli in prospettiva».

La sua sarà una Nazionale più prandelliana o più contiana?
«Qualsiasi gioco se fatto bene paga, altrimenti no. Se speri di vincere allora ti affidi a individualità o al caso, se vuoi vincere c’è la coralità. Quello di Conte ha pagato in un momento particolare. Ma parto dal presupposto che si possa anche migliorare per ritagliarsi uno spazio importante».

Lei è stato successore di Conte anche a Bari: cosa si fa dopo Conte? Dopo Conte?
«Mi viene da fare una battuta: tranquillizzarli tutti. Ma quando c’è un calcio organizzato puoi migliorare i dettagli. Quello che ha fatto qui in poco tempo è assolutamente importante e allora potrò dedicarmi ai dettagli».

Ha già parlato con Barzagli?
«Gli parlerò, ma è evidente che se vuoi partire da una base, lui ci deve essere».

Pellé in Cina sarà un problema? Come lo è stato Pirlo negli Usa...
«E’ da verificare, al 50 per cento la Cina, al 50 per cento la forza psicologica per mantenere fame e rabbia. Ho davanti a me l’esempio di Diamanti: un pizzico l’ha persa. Pellé, al di là dell’episodio del rigore, era reduce da un campionato importante. Lui, come Zaza, ha sofferto e questo dà grande voglia di rivalsa. Hanno capito molto di più dopo quegli episodi, ma la Cina è lontana....».

All’estero c’è il luogo comune del catenaccio: la sua Italia lo frequenterà?
«Guardi, io ho visto Francia-Albania: tutti i francesi erano dietro la linea della palla quando difendevano. Oggi in realtà non è più questione di catenaccio, l’evoluzione è enorme dal punto di vista tattico e tutti si muovono insieme. Lo fanno tutti: quel che conta è la capacità di leggere gli spazi».

E’ vero che guadagnerà più che al Toro?
«Non guadagno un euro in più: la Figc ha rilevato il mio contratto che avevo con il Toro».

La sua è una carriera lunga, ma senza titoli…
«Bisogna capire cosa significa avere vinto. Campionati o Coppe no: è impossibile se non alleni le cinque squadre forti. Con Udinese, Cagliari, Samp o Toro impossibile. Se invece significa prendere giocatori reduci da annate mediocri e mandarli ai mondiali, risanare i bilanci, lanciare giovani, allora queste sono le mie vittorie. E molte di queste cose sono successe».

Allargherà la base dei convocabili?
«Conte ne ha provati tanti senza poi portarli poi in Francia, ma fa parte di un percorso. Io parto da quei 23 ma parlo con tutti. Ci sono anche gli infortunati: Marchisio, Verratti, Perin. Il problema, casomai è il poco tempo per lavorare».

Preoccupato dall’età media degli azzurri?
«Ci sono situazioni differenti: Barzagli è l’attualità e può dare la possibilità agli altri di crescere. Ci sono molti giovani in rampa di lancio, ma i problemi del calcio italiano sono sotto gli occhi di tutti».

Balotelli? Gli concederà ancora opportunità?
«Balotelli è esattamente come tutti gli altri. Stiamo parlando tecnicamente di un giocatore importante, dal punto di vista caratteriale e di gestione può lasciare a desiderare. Il fatto stesso che il Liverpool lo stia scaricando la dice lunga. Balotelli alcune volte ha dimostrato di avere qualità, ma quelle tantissime che non lo ha fatto... E’, di nuovo, di fronte a un bivio».

Cosa significa essere l’allenatore di tutti i tifosi e non più solo di una parte, spesso anche molto caratterizzata, di loro?
«Mi fa piacere: è estremamente stimolante, eccitante e non vedo l’ora di iniziare. Sono convinto che i siano i presupposti per crescere. Prima dell’Europeo ha sempre detto che gli azzurri sarebbero arrivati come minimo in semifinale, molti ridevano ma io sapevo che non basta avere buoni giocatori per essere una buona squadra. Guardate il Belgio... Significa che valgono di più compattezza, disponibilità e qualità al servizio della squadra».

Perché gli allenamenti a porte chiuse?
«A Torino se lo chiedevano spesso…. Eh, vent’anni fa non servivano: avevano Claudio Sala che ne saltava tre ed eri a posto… Oggi l’aspetto tattico diventa prioritario e se sai cosa si prepara sulle palle inattive diventa un vantaggio gigantesco per gli avversari. Poi, certo, un coinvolgimento della critica può essere utile per capire dove vuole andare la squadra».

Lippi avrebbe dovuto fare il direttore tecnico: si sente orfano?
«Siamo cresciuti insieme, c’è un rapporto di amicizia, mi spiace che non ci sia ma ne prendo atto. L’obiettivo oggi è la Nazionale: la sua mancata nomina è dovuta a un problema tecnico e non commento i problemi tecnici».

Un aggettivo per la sua Nazionale
«Riparto da ciò che Conte ha lasciato: umile, determinata e feroce. Di mio aggiungo: eccitante.»

Dove troverò la libidine per fare il ct?
«Fatemela prima cercare. Sono a metà tra curioso e voglioso. Non vedo l’ora di ricominciare. Voglio rivedere le ultime due partite che ho ancora negli occhi per evolverci da una base ben precisa. Sono convinto che possiamo crescere e fare cose importanti curando ulteriormente i dettagli».

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