Italia, Malagò: «Abbiamo perso una battaglia, non la guerra»

Il presidente del Coni: «La sconfitta in Spagna? Dobbiamo rialzarci, ma ora basta passi falsi»
Italia, Malagò: «Abbiamo perso una battaglia, non la guerra»© LaPresse

ROMA - "Si deve saper perdere e programmare subito il riscatto". Con queste parole il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha commentato la sconfitta dell'Italia in Spagna, ai microfoni dell'emittente umbra Radio Onda Libera. "Ripartiamo dagli errori per non ripeterli - ha dichiarato il numero uno dello sport italiano - Non entro nel merito delle questioni tecniche, ma la verità è che purtroppo sugli episodi e sull'atteggiamento le cose non sono andate come dovevano andare. È stata persa una battaglia, però la guerra sportiva continua e conta soprattutto quella. Ora basta con i passi falsi da qui a novembre. Dobbiamo prepararci bene anche per l'eventuale spareggio".

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IL PROBLEMA STADI - Malagò ha parlato anche del mercato, che ha visto i club italiani spendere 820 milioni in questa sessione estiva. Più di noi soltanto la Premier League, per un totale di 4 miliardi in tutta Europa. "Le cifre sono considerevoli - ha commentato il presidente - L'aspetto fondamentale è il rispetto delle regole, cioè se tutto è stato fatto tenendo conto del fair play finanziario. Abbiamo visto che Roma e Inter sono state sottoposte a vincoli rigidi e si sono comportate di conseguenza. Il Milan è stato più libero di agire e ha ricostruito. Il fatto è che in generale ci sono dei club con dei proprietari ben definiti e ce ne sono altri in mano a uno Stato o a un fondo. Questa cosa non mi piace". Chiusura sugli stadi e sulla necessità di investire in impianti di proprietà per rilanciare il calcio italiano: "Si deve partire da lì - ha spiegato Malagò - Sono stati bravi a Torino, così come Pozzo e Squinzi. Agli inizi degli anni '90 sono state fatte delle scelte sbagliate. Non solo noi nel tempo abbiamo commesso errori, penso alla Germania che prima del 2006 era depressa e non riusciva ad avere una Bundesliga appetibile. Poi i tedeschi hanno saputo valorizzare bene il proprio prodotto e gli impianti sono stati determinanti. Da noi gli stadi sono dei Comuni e le società non sono disposte a investire soldi su qualcosa che non è loro"

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