Parola alla difesa, Chiellini: «Italia, torna alle origini»

Il difensore a ruota libera: «Il guardiolismo rovina dei difensori italiani: impostano e non marcano. Io e Bonucci, fortuna reciproca. Troppe 20 squadre in A»
Parola alla difesa, Chiellini: «Italia, torna alle origini»© ANSA

FIRENZE - È la pietra miliare su cui il calcio italiano ha costruito gran parte dei propri successi: l'arte della difesa. Giorgio Chiellini ne è uno dei più efficaci interpreti ma anche, purtroppo, uno degli ultimi interpreti puri: bello e interessante che sia lui a spiegare perché l'Italia deve ripartire soprattutto da quel mestiere lì, quello del difensore. «Il “guardiolismo” ha rovinato un po’ i difensori italiani: ora tutti sanno impostare e si allargano ma non sanno marcare. Quando ero giovane io, ci si esercitava a “sentire l’uomo”, a marcare in area. Adesso sui corner i difensore italiani lasciano tutti liberi: è un peccato perché si perde l’essenza di una scuola. Ora, a noi servono i talenti là davanti, ma anche in difesa deve crescere qualcuno perché noi non potremo fare mai il tiki-taka, non fa parte del nostro dna. Comunque qualcuno che sta crescendo dietro di noi c’è: Caldara, Rugani e Romagnoli devono fare esperienza internazionale ma è normale anzi, molti di loro hanno già più partite di quante ne avessi io alla loro età».

Non pensate che la difesa della difesa sia un modo per incensarsi, perché Chiellini ragiona “di gruppo”: «Tutto sulle spalle di noi là dietro come con Conte? Guardate che noi all’Europeo eravamo lo specchietto per i giornalisti, per il titolo, ma c’era tutta una squadra che si faceva il mazzo, non solo la BBC. Poi dentro al gruppo siamo abituati a che si cerchi il personaggio, nel nostro caso furono i difensorI perché non avevamo attaccanti di appeal. La base è l'equilibrio altrimenti gli errori li fa pure Sergio Ramos, che adesso è il migliore al mondo». Immediata la traslazione verso le incertezze difensive attuali della Juve e, simmetricamente, di Bonucci al Milan: «Il calcio è uno sport di squadra e si vive di alchimie. Non sempre un giocatore funziona allo stesso modo da una squadra all’altra: in un posto è da otto, magari in un altro è da sei. Contano alchimia, spaziatura, conoscenza. Nel calcio c'è una velocità tale che in campo si fa fatica a parlarsi, così la conoscenza reciproca diventa un valore aggiunto inestimabile. Per giocare ad alto livello, come capita a noi, deve essere perfetta».

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