I rimpianti del Toro, la classe di Pirlo

Il commento del Direttore sul derby di ieri tra Juve e Toro
TORINO - All’ultimo istante del terzo minuto di recupero, quando tutto sembrava affogato sotto un acquazzone instancabile, quando i tifosi della Juventus si erano rassegnati al pareggio e quelli del Torino masticavano il sapore amaro del rimpianto per una vittoria storica che era stata a portata di mano, quando stava capitando tutto questo, è entrato in scena Andrea Pirlo. Lo stesso che aveva propiziato il rigore del temporaneo 1-0 all’inizio della gara. Pirlo, dicevamo, ha fatto ciò che sanno fare solo i campioni: ha colto l’attimo e con un tiraccio carico di effetto ha freddato Gillet dal limite dell’area. L’attimo del trionfo, la stoccata del cecchino di periferia, una sorta di liberazione per i campioni d’Italia dopo un secondo tempo giocato faccia a faccia con la squadra di Ventura e per un pezzo persino in inferiorità numerica (l’espulsione di Lichtsteiner), dopo aver corso il serissimo rischio di andare sotto (l’occasione di Quagliarella, il salvataggio di Vidal su Benassi, la capocciata alta di Glik, un altro contropiede sciupato), dopo aver capito che non era proprio una serata baciata dalla grazia. Pirlo ha risolto un derby che mai come in questa occasione la Juventus avrebbe potuto perdere, perché Ventura era stato bravissimo a incartare la partita, a creare densità a centrocampo e nella propria trequarti dove andavano a infrangersi regolarmente le manovre offensive bianconere, ad affidarsi alla corsie esterne per infastidire l’avversario. La differenza, stavolta, l’ha fatta un singolo, un fuoriclasse, non il gruppo. E a Pirlo bisogna mostrare il cappello: il gol e la vittoria di ieri incideranno parecchio nella lotta scudetto, sono certe gare sbilenche che vengono raddrizzate per grazia ricevuta a diventare deriva nella lotta scudetto. D’accordo, c’è stata la complicità involontaria dell’acerbo Benassi, che ha perso palla nei pressi dell’area, e la tigna di Bonucci che quella palla gliel’ha soffiata, ma su tutto e sopra tutto rimane la zampata del ragazzo con la barba e il ciuffo che scivola sugli occhi.

ARTE VARIA - Comunque, se sui singoli si vuole rimanere, altrettanto bravo è stato Bruno Peres, un brasiliano giovane e forte, che al minuto 22 del primo tempo ha sfoderato uno strepitoso pezzo di arte varia, un coast to coast che ha lasciato a bocca aperta e stordito la Juventus per un bel pezzo. Nessuno immaginava che il ragazzino si sciroppasse 80 metri di corsa, gabbasse Evra, stroncasse la resistenza di Vidal e battesse Storari in quel modo lì. Anche in questo caso bisogna esibire il cappello e fare l’inchino: un gesto tecnico di valore altissimo, un capolavoro di potenza e di precisione. E pure qui esiste un’accezione critica: i nove anni di differenza tra Evra e Bruno Peres si sono visti in quella corsa a perdifiato, il francese per adesso è un acquisto sbagliato, un ex carico di lustrini e medagliette, però non in linea con le esigenze bianconere e con il campionato italiano. A causa sua, Pogba è stato a lungo costretto a inventarsi terzino, insomma a surrogare l’ex compagno di Nazionale, per (provare ad) arginare la furia del Bruno.

MIEDO ESCENICO -
Sembrava tutto facile, troppo facile, per la Juventus. Che ha cominciato ventre a terra e che dopo un quarto d’ora era già in vantaggio, conseguenza del rigore fischiato dall’arbitro per un gomito galeotto del “barrierista” El Kaddouri su una punizione calciata da Pirlo, rigore segnato per due volte da Vidal. Sembrava tutto facile perché il Torino pareva essere vittima del “miedo escenico”, della paura di affrontare i campioni d’Italia nel loro stadio. E poi perché la palla circolava bene, nonostante la pioggia battente, tra i piedi dei bianconeri, abbandonati all’improvviso da Buffon (malanno a una spalla), rimpiazzato da Storari. E poi ancora perché né Amauri né Quagliarella erano in grado di impensierire Bonucci e Chiellini, in un curioso intreccio di ex. Ma nessuno poteva immaginare che Bruno Peres (22’) si inventasse un capolavoro e nessuno poteva pensare che lo shock stordisse i bianconeri al punto da riequilibrare in tutto e per tutto il match.

IL CUORE - Non a caso la ripresa si è rivelata una contesa alla pari, né Tevez, né Llorente, né Morata - quando è entrato al posto del suo connazionale - sono stati all’altezza della situazione, Marchisio ha dato la sensazione di essere stanco, Vidal - al quale è stata anata giustamente una rete per fuorgioco - è stato più a suo agio sulla linea mediana (con Pereyra dietro le punte) che non da trequartista. Il rammarico del Torino sta in un paio di ripartenze micidiali, in superiorità numerica, che dovevano essere sfruttate meglio e che non hanno avuto esito. L’occasione di Quagliarella grida vendetta: a quel punto, con la Juventus non proprio in palla, il 2-1 avrebbe messo una pietra tombale sul derby, invece si è andato avanti e la squadra di Allegri ha esibito ciò che per tradizione appartiene ai granata: il cuore. Il cuore ha spinto Bonucci a pressare anche sull’ultimo pallone dell’ultima azione, da cui è scaturito l’errore di Benassi e il gol di Pirlo. Il cuore.

BRUTTO GESTO - Il nervo, al contrario, ha tradito Ventura appena l’arbitro Orsato - oh, non ha combinato guasti: una notiziona - ha fischiato la fine. La lite con un contestatore granata è sfociata in un brutto gesto: da vergognarsi, come ha ammesso lo stesso allenatore quando si è rivisto in televisione. Tanto deprecabile la reazione di pancia quanto ammirevoli le scuse. Pure questo produce una stracittadina persa all’ultimo istante del terzo minuto di recupero...

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...

Serie A, i migliori video