Atalanta-Torino, c’era una volta il made in Italy

In campo solo 3 prodotti del vivaio. Vatta: «Ci sono troppi stranieri nelle giovanili»
Atalanta-Torino, c’era una volta il made in Italy© Ansa
TORINO - Sos giovani, ma dove siete finiti? Già, dove sono finiti i prodotti delle giovanili che, per esempio, Atalanta e Torino sfornavano quasi in serie, rimpolpando l’organico della prima squadra, cementando il legame affettivo della tifoseria sempre pronta ad accendersi per un figlio del vivaio fatto esordire e rimpinguando le casse del club quando venivano venduti creando a volte delle clamorose plusvalenze? Già, non ci sono più. Nella sfida di domani pomeriggio tra nerazzurri e granata in teoria saranno appena tre coloro che rappresenteranno la linea verde. Nell’Atalanta il portiere Sportiello e l’attaccante Bianchi, peraltro un cavallo di ritorno, nel Torino invece Quagliarella, pure lui un remake visto che è rientrato alla base dopo un articolato giro d’Italia. Dunque se è vero che l’Atalanta continua a investire nel settore giovanile e il Torino comincia ora a vedere i primi frutti dopo essere ripartito da zero con Cairo a causa del fallimento targato Cimminelli, è altrettanto vero che in prima squadra i ragazzi non trovano spazio. Mancano i talenti? In parte sì, ma non bisogna scordare che è cambiata in Italia la cultura dell’utilizzo dei giovani. Spesso se la carta d’identità del giovane è della Repubblica Italiana difficilmente si trova il coraggio di dargli fiducia e quindi spazio in serie A. Di questo passo, quindi, i settori giovanili sono destinati a diventare dei serbatoi senza sbocchi. E così non ci si deve stupire se purtroppo domani a Bergamo,la metà dei giocatori non sarà italiana, con un solo “baby” calciatore proveniente direttamente dal settore giovanile, l’estremo difensore nerazzurro Sportiello. Il problema è che poi a farne le spese è la Nazionale, come ricorda con lucidità Sergio Vatta, mago delle giovanili granata tra la fine degli Anni 70 e l’inizio di quelli 90. «Siamo sempre alle solite - spiega -, da decenni il movimento calcistico italiano si lamenta dopo che la Nazionale rimedia figure poco edificanti ai Mondiali o agli Europei. Speriamo che prima o poi cambi il modo di approcciare la questione dei giovani. Così non si va da nessuna parte. Bisogna tornare alla localizzazione, e poi nei settori giovanili ci sono troppi stranieri. Ha ragione Arrigo Sacchi, che è una persona intelligente e sicuramente non razzista. Non ha senso avere tutti questi stranieri nelle giovanili anche perchè spesso arrivano che sono già troppo avanti con l’età, non si riesce a forgiarli dall’inizio, modellandoli in maniera completa. La verità è che le società riempiono i propri vivai di questi stranieri che non vengono scelti dai responsabili o da propri osservatori ma da procuratori che hanno sostanzialmente un obiettivo: piazzare i propri elementi. Normale quindi poi che certe cose non funzionino e non riescano a produrre i frutti che invece una volta erano di fatto la norma».

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