Serie A, Gravina: «La Lega Pro apre le porte alle seconde squadre»

Il Presidente: «Passaggi in consiglio e in assemblea e da aprile bando per sei posti»
Serie A, Gravina: «La Lega Pro apre le porte alle seconde squadre»© ANSA

ROMA - Il 4 gennaio Gabriele Gravina si è insediato ufficialmente alla guida della Lega Pro dopo aver vinto le elezioni del 22 dicembre.

Presidente: com’è la situazione poco più di dieci giorni dopo la “presa di possesso” della poltrona della Lega di Firenze?

«Sinceramente? Sono sommerso dai problemi... E’ una fase in cui ho portato avanti una grande ricognizione sul territorio e all’interno della Lega. Un lavoro che deve portare alla preparazione del consiglio direttivo in programma la settimana prossima e all’assemblea di Lega fissata per il 4 febbraio. I primi 30 giorni, come da tradizione, sono intensi e importanti».

Però la prossima stagione già incombe e c’è molto da definire...

«Verissimo: il prossimo appuntamento è già a luglio e noi dobbiamo portare all’attenzione delle società, in tempi rapidi, le regole per la stagione che verrà. E la questione prioritaria è capire quale sia la sostenibilità che possiamo permetterci».

Significa che non è scontato il mantenimento del “format” con 60 squadre?

«Potrebbero essere pure di meno a causa delle criticità, ma anche per scelta. Intendiamoci: la base di partenza è quella di fare riferimento alla regola che prevede il format di 60 squadre, poi però è indispensabile tenere conto della realtà e, quindi, interrogarsi. La sostenibilità economica e gli effetti dei processi legati al calcioscommesse ci consentono di mantenere quel numero».

Insomma, le regole non sono, come dire, blindate...

«Dobbiamo partire da quelle per poi capire se siano sostenibili anche in relazione al futuro che vogliamo costruire. La realtà non deve essere legata o condizionata da un numero, bensì ai valori cui ci riferiamo e che vogliamo trasmettere, alle risorse di cui disponiamo e ai progetti che intendiamo portare avanti. E’ evidente, però, che su tutto questo l’ultima parola spetta all’assemblea».

Logico. Ma è lei che deve imprimere l’indirizzo: ci spieghi la sua idea di “mission” per una Lega Pro più moderna...

«Una mission di qualità nella formazione e di valorizzazione delle risorse non solo economiche. Dovremo accrescere la nostra dimensione sociale e di attenzione ai giovani senza, ovviamente, dimenticare il grande problema delle scommesse. L’immagine del movimento non è più in grado di sopportare altri scandali o “zone grigie”: dobbiamo avere il coraggio di alzare i tappeti e togliere la polvere nascosta lì sotto».

Il progetto di valorizzazione passa anche attraverso l’apertura alle seconde squadre nei vostri campionati?

«Sì: io spero di poterle inserire in tempi rapidi. L’intenzione è di pubblicare entro aprile il bando per l’adesione che sarà consentito solo alle società in ordine con le licenze Uefa e con quelle nazionali. Per ora, lo spazio per sei club già c’è. Stabiliremo dei paletti entro i quali dovranno muoversi i club che aderiranno. Per esempio quelli relativi agli spazi di intervento e ai “pesi” in assemblea, per evitare ogni rischio di colonizzazione. E poi sulla partecipazione alla distribuzione delle risorse. Paletti chiari per un obiettivo concreto e utile al movimento».

Quale?

«Consentire alla nostra Lega di aprirsi all’esterno e di andare sempre più verso la valorizzazione dei giovani di qualità. Basta con queste assurde regole sui limiti anagrafici che servono soltanto per ottenere i contributi a prescindere dalla qualità dei giocatori impiegati. Senza dimenticare i danni per molti ragazzi usati e poi scaricati».

Il progetto seconde squadre, dunque, è pronto per essere lanciato?

«Vorrei già partire dal prossimo campionato: le opportunità ci sono».

Crede che le componenti della sua Lega siano pronte?

«La Lega Pro viene da sei mesi di tensioni in cui si è discusso di tutto - dai bilanci alle registrazioni - meno che di progetti. Basta parlare di passato, adesso occupiamoci di futuro».

Una delle ricchezze della Lega Pro è sempre stato il legame con il territorio...

«E dovrà tornare centrale attraverso la realizzazione di un prodotto appetibile. Vogliamo riavvicinare i giovani e rinforzare gli anticorpi contro le frodi. E poi bisogna elaborare un format tv che tenga conto delle enormi differenze di abitudini, della concorrenza dei grandi eventi, delle difficoltà logistiche».

Scusi la franchezza: visto che è stato già eletto, la speranza è che la voglia di riportare il calcio al centro del progetto sia reale e non un programma elettorale...

«Guardi, non è che si deve cambiare perché adesso ci sono io. Si deve cambiare perché ce lo chiede la gente, i tifosi. Basta pensare che questa componente abbia un peso solo perché pesa per il 17 per cento in Consiglio federale, bensì per il suo profilo progettuale e per la sua funzione in tutto il sistema».

Ecco l’altro grande tema legato alla sua elezione: lei ha insistito per evitare di essere inserito in qualsiasi schieramento legato all’elezione del prossimo presidente federale. Conferma questa indipendenza di giudizio?

«Ora pensiamo a costruire e, a tempo debito, valuteremo: chi vorrà sposare la nostra filosofia di cambiamento sarà il candidato ideale. Non nego di essere preoccupato dal compito che mi aspetta, soprattutto se resta il distacco tra le società e il mondo federale... Ma io sono tenace e, soprattutto, voglio sia chiaro che deve cambiare la prospettiva con cui è considerata la Lega Pro: non più solo una “quantità” per arrivare al mitico 51 per cento nell’elezione del presidente federale, ma una risorsa per tutto il nostro calcio».

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