Calleri: il rilancio della Lazio, le luci e le ombre con il Toro

Risanò la società biancoceleste, la riportò in Serie A, comprò Gascoigne. Salvò i granata dal fallimento: i 2 derby vinti, ma anche la chiusura del Fila e...Vieri
Calleri: il rilancio della Lazio, le luci e le ombre con il Toro© ALDO LIVERANI

Anche se nel 1994, da neopresidente del Torino, vendette un giovanissimo Christian Vieri al Venezia per 600 milioni di lire più la metà del cartellino di Petrachi (e di lì a pochi anni Bobo diventò una pepita d’oro sul mercato internazionale), non si può certo dire che Gian Marco Calleri, scomparso ieri a Roma all’età di 81 anni per problemi cardio-polmonari, non avesse fiuto per gli affari. O si intendesse poco di calcio. L’esatto opposto: in vita sua, pur tra luci e ombre e non soltanto squilli di fanfare (ai quali, peraltro, era abbastanza refrattario), Calleri inanellò una serie di successi pure notevoli sia da imprenditore sia da presidente di società di calcio. Ancor oggi a Roma, sulla sponda laziale, non soltanto i tifosi lo ricordano con stima e pure gratitudine. Assai meno a Torino, dove anzi l’imprenditore fu alla fine contestato: e anche adesso, a quasi 30 anni dalla cessione della società a Vidulich e compagnia (anno domini 1997), sono più le critiche che i meriti a tornare a galla, nella memoria dei più. E mica solo per quella svantaggiosissima cessione di Vieri, decisa nonostante i maestri del vivaio, in testa Serino Rampanti, gli consigliassero il contrario. Non sentirono ragioni lui e il suo ds Giorgio Vitali, scomparso lo scorso maggio (Calleri avrebbe voluto portare a Torino il suo storico, illuminato e vincente braccio destro nella Lazio, Carlo Regalia: che però era già sotto contratto altrove). Avrebbe poi cercato di spiegare, il presidente granata, che i conti devastati del club, preso da poco sull’orlo del fallimento in tribunale, avevano nei fatti imposti quella cessione, come di altri calciatori di talento della prima squadra e del vivaio, oggettivamente impoverito di lì in poi.

Calleri e il Toro

I tifosi gli imputarono poi anche la chiusura definitiva del Filadelfia, gioiello degli Anni 20, da anni in condizioni fatiscenti, infine demolito nel 1997, non salvato da nessuno: a cominciare dalla Fondazione di Diego Novelli che gestiva il glorioso stadio già del Grande Torino, poi per decenni culla degli allenamenti granata e dei tifosi. La controversa discesa in B nel ‘96 era stato un altro colpo al cuore della gente: ma in primis anche di Calleri, necessariamente. Nel marzo dell’anno dopo, la vendita del club a Vidulich: verso altri declini ben peggiori, fin imparagonabili se si pensa alla coda del fallimento cimminelliano del 2005. E dire che con Calleri al comando, noto anche per la sua avversione per i colori della Juventus, il Toro visse una stagione di soddisfazioni, seppur illusorie: 1994-’95, 11° posto in A, 2 derby vinti di fila con Sonetti in panca (e il successo “in casa” dei bianconeri rimane ancor oggi l’ultimo in trasferta). In campo un campione, Abedi Pelé, attorniato da grandi giocatori come Rizzitelli e Angloma e da ottimi stakanovisti del pallone come Cristallini e Pessotto. Possiamo indubbiamente comprendere i tifosi granata, mai teneri nel giudicare le sue scelte: risanare vendendo il vendibile, e poi addio. Ma resta il fatto che, se il Toro ancor oggi è vivo e vegeto, un gran merito lo ebbe anche l’imprenditore di Busalla, Genova: non esisteva ancora il lodo Petrucci ese Calleri non si fosse presentato in tribunale per acquistare un Toro a un passo dal fallimento (post tracollo economico-giudiziario di Goveani-Borsano), il club sarebbe morto per sempre.

Calleri e la Lazio

Il precedente percorso nella Lazio, invece, era stato ben più lungo e carico di successi e bei ricordi: fino al ‘92, quando vendette a Sergio Cragnotti. Dopo aver esordito da presidente con l’Alessandria (1983-’85), Calleri rilevò la società romana nel 1986 in B, con i conti disastrati e l’obiettivo di risanarla e rilanciarla. Nell’87 un’eccezionale salvezza nonostante 9 punti di penalizzazione, quindi il ritorno in A. Nel ‘90 il miglior risultato: 9° posto. Calleri a Roma acquistò giocatori di primo piano come Ruben Sosa, Riedle, Doll e soprattutto Gascoigne, diede impulso al futuro del club anche comprando i terreni successivamente utilizzati da Cragnotti per la costruzione del centro sportivo di Formello. Infine, per Calleri, la gestione del Bellinzona in Svizzera, dal ‘98 al 2001. Lo chiamavano “il risanatore”: abile a individuare squadre in fondo al mare, a ripulirle con tagli pesanti e rivoluzioni mirate, a riportarle all’onor del mondo e infine a rivenderle a prezzi a quel punto maggiorati. Fuori dal calcio, prima del calcio, va ascritta a lui e al fratello maggiore Giorgio, scomparso nel ‘91, la fondazione dell’istituto di vigilanza Mondialpol, nel 1972: una grande intuizione, un grande successo imprenditoriale. Amante della bella vita, dal carattere sicuramente rude, un sigaro perennemente in bocca, da giovane era stato calciatore: attaccante e centrocampista tra Novara, Monza e proprio la Lazio, pur senza esordire in prima squadra. I funerali si svolgeranno in forma privata, per scelta dello stesso Gian Marco. Al figlio Riccardo e alla famiglia le condoglianze di Tuttosport.

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