Kondogbia: «Inter ora hai l'anti Pogba»

In Francia i due centrocampisti sono considerati “gemelli”: «Siamo amici, siamo compagni, saremo anche avversari»

TORINO - Stupisce, in un calciatore così giovane, la tranquillità, la maturità, la consapevolezza del ruolo. Ma evidentemente, in Francia, la classe ‘93 è stata abituata in questo modo. Perché incontrando Geoffrey Kondogbia ti viene immediatamente in mente Paul Pogba. Senza nemmeno quel vezzo di farsi i capelli in maniera un po’ particolare che contraddistingue lo juventino. Kondogbia non trasgredisce nemmeno in quello: se invece che in ritiro con l’Inter, si trovasse ad un master post universitario della Sorbonne, apparirebbe nello stesso e identico modo: ovvero, perfettamente suo agio. Anzi, pensare che la persona che sta amabilmente colloquiando con grande intelligenza è la stessa che un mese fa, a Milano, dal balcone di un hotel, si è messa a saltellare con i tifosi nerazzurri che lo acclamavano in strada, fa davvero capire che il calcio scatena un’adrenalina pazzesca. Ma se la gente è arrivata a coinvolgerlo in quel modo, ben più complicato è portarlo sulla stretta e delicata via dei paragoni. Per età e nazionalità, viene spontaneo avvicinarlo a Pogba. Ma per l’Inter che lo ha strappato a peso d’oro alla concorrenza,  lui è l’alter ego di Yaya Tourè, ovvero il giocatore che Mancini aveva messo al primo posto nella lista dei centrocampisti da acquistare. Non è chiaro se sia stato più il Manchester City a non trattare, o il giocatore a non spingere per il trasferimento: fatto sta che quando si è capito che il campione del City non sarebbe venuto all’Inter, si è dovuti correre ai ripari in frettissima, anche per evitare l’ira di Mancini. 

NIENTE PARAGONI - In linea con la sua serafica rappresentazione della realtà, Kondogbia, come accennato, non ama molto i paragoni. «Sì, so anch’io che che in molti mi avvicinano al centrocampista del Manchester City. E in effetti, abbiamo un modo di giocare abbastanza simile. Ma credo che alla fine ognuno abbia le sue caratteristiche. E io sono ancora giovane e ho molto da imparare». Quanto a Pogba, ha già capito che sarà il tormentone della sua esperienza in Italia. Ma in fondo, sa che è stato preso anche per provare a ridurre il gap con la Juventus del suo connazionale. «Sì, con Paul siamo amici. E con Paul, adesso, siamo anche compagni di nazionale. Ma da quando sono arrivato all’Inter, saremo anche rivali. Perché è chiaro che il mio obiettivo è quello di arrivare davanti a tutti, anche a Pogba. Io non mi paragono a lui, è un discorso che non mi interessa. E’ la gente che lo fa». Ma ci sarà qualcosa che gli invidia, o piuttosto qualcosa in cui si sente superiore? «Non lo so, davvero. Guardo a me stesso, non a confrontarmi». 

IL CONSIGLIO - Che sia un ragazzo già maturo lo dimostra anche il fatto che, nel momento in cui ha voluto chiedere un consiglio, non si è rivolto ad un amico, giovane come lui, ovvvero a Pogba. Ma ad un giocatore molto più esperto. «Sì, prima di decidere ho voluto parlare con Patrick Evra. Ovvio, non gli ho chiesto un giudizio sull’Inter, ma sul calcio italiano, quello sì. E lui mi ha risposto che se uno fa bene in Italia, è pronto per far bene ovunque. Perché nessun campionato ti prepara così bene, da un punto di vista tattico e fisico. Una volta che sei stato qui, nulla può più metterti in difficoltà». Non nega, Kondogbia, che l’Inter possa anche essere un punto di partenza, non d’arrivo. Ma se lo si interpreta nella maniera giusta, non significa banalmente dire che si è di passaggio, ma intelligentemente ipotizzare una crescita continua, com’è normale in un giocatore di 22 anni. «Come tutti, ho dei difetti. E conto, giocando in serie A, di cancellarli. Considero l’Inter la squadra adatta per migliorare, per diventare un giocatore con più qualità. Una tappa fondamentale per la mia crescita calcistica». Un trampolino, insomma, da cui probabilmente spiccare il volo per altri lidi. Ma adesso è prematuro fare questi discorsi, visto che Kondogbia è appena arrivato.

DURO LAVORO - Se in Italia si può migliorare così tanto, evidentemente deve essere anche merito del lavoro: «Non ero abituato a fare tre ore di preparazione. Gli allenamenti sono molto più lunghi, oltre che intensi. Rispetto a Monaco non c’è nemmeno paragone. In Spagna, al limite, c’era un po’ più di impegno. Ma mai a questi livelli». Già, in Spagna. Perché Kondogbia, pur giovanissimo, non si è fatto mancare nulla, finora. «Anche Siviglia si inquadra nel discorso fatto in precedenza: ci sono andato perché la consideravo una tappa fondamentale per la mia crescita professionale».

Leggi l'articolo completo su Tuttosport in edicola

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...