Così il medico Mancini ha curato la Pazza Inter 

Cinica come il Milan di Capello. Costacurta: «Sì, brutti e vincenti»

MILANO - C’era un tempo in cui si stampavano dvd per una vittoria sulla Sampdoria per 3-2 dopo che l’Inter era andata sotto di due gol. Era la Pazza Inter morattiana, aggettivo in cui si crogiolava il petroliere. Quest’Inter invece è a immagine e somiglianza di Erick Thohir che oggi planerà su Milano dagli Stati Uniti per un blitz legato a una serie di riunioni fissate dopo l’assemblea dei soci e che il 15 novembre festeggerà i due anni di presidenza. Il futuro sarà senza Moratti (intenzionato a liberarsi del 29,5% di azioni in suo possesso: i due si incontreranno oggi, mentre domani Thohir sarà in svizzera per una riunione della Federbasket mondiale), ma la rivoluzione che ha portato il club in una nuova era è già stata compiuta. E la “Pazza Inter” è diventata un’Inter organizzata come un orologio in società nonché un mirabile esempio di cinismo in campo, qualità che solitamente nel nostro calcio porta in dote gli scudetti. Un’Inter fondata sull’asse Thohir-Mancini: il presidente - grazie al consiglio di Moratti che caldeggiò l’arrivo dell’uomo di Jesi per sostituire Mazzarri - ha trovato quell’allenatore-manager che cercava, un tecnico capace di capire a 360° il club e di convincerlo ad attuare una vera e propria rivoluzione in estate che ha come emblema la coppia Miranda-Murillo che ha dato sicurezza all’Armata Brancaleone dell’ultimo campionato. «Se non fai le fondamenta poi la casa crolla» ha spiegato il Mancio dopo il successo sulla Roma. E quei due ricordano altre coppie pluridecorate (Cordoba-Samuel e Lucio-Samuel) che hanno marchiato a fuoco gli anni dei trionfi.

COME CONTE E CAPELLO - Nulla è casuale nel primato dell’Inter, se non il ko con la Fiorentina in una partita nata storta (con il fallo da rigore di Handanovic su Kalinic e l’espulsione dopo mezz’ora di Miranda), come non è casuale il fatto che i nerazzurri abbiano vinto sei partite per 1-0. Massimo risultato (in apparenza) con il minimo sforzo. La mente corre al Milan di Fabio Capello che, nella stagione 1993/94, arrivò allo scudetto con ben 9 vittorie per 1-0 (a corredo 15 gol subiti in 34 giornate con Sebastiano Rossi imbattuto per 929’, record per la serie A). Un precedente, non a caso, citato proprio da Mancini qualche tempo fa: «Voi dite che la mia Inter è noiosa ma io vi domando: avete visto una squadra che fin qui ha giocato come il Barcellona? Ogni gara è difficile, succede raramente che si vinca con tanti gol di scarto. Quando una squadra ha più possesso palla e tira più degli avversari, qualcosa di buono fa. Il Milan di Capello vinse un campionato con tanti 1-0 rischiando quasi mai, ed erano i più forti». Teoria confermata proprio ieri a Sky da Alessandro Costacurta: «Non giocavamo assolutamente bene ma non prendevamo mai gol ed eravamo più solidi e forti fisicamente degli altri». In tal senso, fa giurisprudenza pure la Juventus allenata da Antonio Conte che nel 2013/14 vinse pure lei il campionato con nove successi per 1-0 e per quella di Trapattoni (1981/82), mentre l’Inter del Trap si fermò a “soltanto” sette successi col minimo scarto.

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