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MILANO - La sconfitta di Firenze è un punto di non ritorno. Perché, al netto degli errori di Mazzoleni, ha messo a nudo le fragilità di una squadra a cui manca tremendamente un leader a centrocampo. Non può esserlo Melo, assente domenica per squalifica, e nemmeno Medel che corre molto ma non è certo un organizzatore di gioco. Se l’Inter ha perso 5 punti nel recupero per effetto dei gol di Candreva (1-2 con la Lazio), Berardi (0-1 con il Sassuolo), Lasagna (1-1 con il Carpi) e Babacar (2-1 con la Fiorentina) è anche perché non esiste in rosa un Cambiasso o un Thiago Motta, gente che, a seconda dei momenti, sapeva congelare il gioco oppure velocizzarlo.
Carenza di cui ha colpa in primis l’allenatore che, dopo aver avuto Felipe Melo al Galasataray, pensava che il brasiliano sarebbe stato l’uomo di lotta e di governo necessario in mezzo al campo per la sua Inter. Nell’analisi Mancini ha però dimenticato di dare una spulciata al curriculum del brasiliano, le cui difficoltà in Italia erano state amplificate da uno stile di gioco non funzionale al quieto vivere con i nostri arbitri. In tal senso l’Inter a Firenze, pur in assenza di Melo, ha dimostrato di essere una squadra sull’orlo di una crisi di nervi: perché è vero che Mazzoleni ha sbagliato a inizio partita a non ammonire Rodriguez per un fallo su Kondogbia e ha sbagliato doppiamente sanzionando invece Telles per un intervento simile su un giocatore della Fiorentina; però la reazione isterica di Medel - graziato dall’espulsione per reiterate proteste all’indirizzo del direttore di gara - è stata fotografia delle inquietudini di una squadra che, con le sconfitte ha pure perso la tranquillità non avendo un leader a cui affidarsi.
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