I nervi tesi di Mancini hanno sgonfiato l'Inter

Viene il sospetto che il primato conquistato nelle prime dieci giornate sia stato frutto di favorevoli congiunzioni astrali (e arbitrali) e non di una autentica forza tecnico-atletica come, invece, speravano dirigenza e allenatore
Serie A, Juventus-Inter 2-0: prove di fuga con Bonucci e Morata

MILANO - Dispiace mettere il dito nella piaga, ma non se ne può fare a meno: l’Inter si è spappolata. Non scandalizza che abbia perso a Torino con la Juventus, ma preoccupa il cedimento strutturale di tutta la squadra, incapace di giocare decentemente per più di venti minuti, durante i quali per altro non segna, si demoralizza e finisce deconcentrata. Cosicché non produce più uno sforzo adeguato e incoraggia gli avversari a strapazzarla. Inutile sottolineare che i tifosi sono delusi, stizziti, avendo scoperto amaramente che i nerazzurri, dopo la fiammata di inizio campionato, sono tornati ad essere una armata senza organizzazione, esattamente come quella degli anni scorsi.

Viene il sospetto che il primato conquistato nelle prime dieci giornate sia stato frutto di favorevoli congiunzioni astrali (e arbitrali) e non di una autentica forza tecnico-atletica come, invece, speravano la dirigenza e Roberto Mancini. Quando è venuta a mancare l’assistenza decisiva di “Sanculo”, l’équipe, benché rinnovata in ogni reparto e apparecchiata per fare sfracelli, si è rivelata fragile, non all’altezza di competere con le avversarie più titolate. Perfino il Milan (per tacere della Roma) è riuscito a recuperare terreno e ad agguantarla. Esclusi Handanovic e Palacio (vecchia guardia), la rosa non merita la sufficienza. Felipe Melo ha presto cessato di essere uno spaccamonti e girovaga per il campo alla ricerca di qualche stinco da massaggiare coi tacchetti: se venisse schierato nella formazione del Frosinone o dell’Atalanta, non riuscirebbe a terminare i novanta minuti causa cartellini rossi. Ma questi sono dettagli. Il vero problema è che i malumori dell’allenatore si irradiano a 360 gradi e colpiscono i calciatori, privandoli di lucidità e insinuando nel loro animo i pungiglioni del pessimismo, della negatività. Ergo, addio furia agonistica. Sarebbe assurdo scaricare ogni responsabilità sul trainer.

Un esercizio molto praticato in Italia e che ha fatto molte vittime anche all’Inter, la più illustre delle quali risponde al nome di Mazzarri, cacciato in malo modo un anno fa benchè la classifica fosse discreta. Probabilmente c’è qualcosa che non va nell’ambiente; i rapporti a livello societario si sono guastati, prevale l’irritazione sullo spirito di collaborazione necessario a infondere serenità e fiducia. Il presidente Thohir manifesta l’intenzione di non sborsare altri quattrini e non disdegnerebbe l’appoggio di nuovi soci, ma finora si sono fatti vivi personaggi non pienamente affidabili. Ciò suona strano. Un club quale l’Inter, con una storia gloriosa, meriterebbe il meglio della borghesia milanese che, viceversa, tace e si guarda dall’avvicinarsi al giocattolo rovente. In sintesi, i nerazzurri sono conciati maluccio e rischiano di sbandare ulteriormente. Urge una sterzata, ma non c’è nessun volontario disposto a intraprendere simile manovra. Intanto, il piatto piange e la graduatoria, pure. Se all’Inter dovesse sfuggire una piazza nelle più importanti coppe europee, sarebbe un bagno di sangue. E che fa Mancini per reagire? Mugugna, brontola, scuote il capo come tutti quelli che non ce l’hanno.

 

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