Conte passa, l’Inter resta

Conte passa, l’Inter resta© www.imagephotoagency.it

Proposta indecente: consegnare il premio USSI, unione della stampa sportiva italiana, ai presidenti e agli allenatori della serie A che offrono quotidianamente materiale vivo e fresco per riempire pagine di giornali e concedere alle televisioni un archivio poderoso. Frenetico football, in piena schizofrenia. Al centro di tutto si piazza il caso Conte, un uomo tutto di un pezzo, sta a voi decidere di che pezzo trattasi. Lui, il salentino, lascia veleni sui territori che aveva reso fertili, fugge dopo la vittoria, non appena intravvede una osteria o una locanda, cambia direzione, le sue esigenze richiedono come minimo un ristorante etoilé se poi c’è annesso resort a cinque stelle lusso, allora il gioco è fatto, basta giurare amore e fedeltà e i pesci abboccano. L’Inter pensava di incominciare un ciclo ma si scioglie dopo quindici giorni di bandiere al vento e frastuono bauscia dei suoi famosi vip, il popolo nerazzurro non merita tale trattamento, ma si sappia, a Milano come a Torino, come a Roma e Napoli, che gli allenatori passano ma restano l’Inter, il Milan, la Juventus, la Roma e il Napoli.

Appunto alla voce Juventus, come direbbe Flaiano, la situazione è grave ma non è seria. In undici anni meravigliosi della presidenza di Andrea Agnelli sono cambiati allenatori e calciatori ma anche dirigenti, pur di esperienza; uno solo, nei quadri, è rimasto saldo al suo posto, nascosto nel canneto e non veramente prezioso per la causa del presidente. Non vado oltre e ribadisco che la nuova Juventus, se esisterà una nuova Juventus comunque uguale alla Juventus che tutti conoscono, non potrà limitarsi alla separazione con Marotta prima e Paratici dopo, o di altre figure dei dipartimenti legali e finanziari, servono professionisti di grande perizia calcistica e manageriale, il caso Pirlo dovrebbe servire da lezione, non basta indossare la casacca gloriosa, la pratica è aspra e imprevedibile, qualunque riferimento a Cherubini Federico è puramente voluto.

Agnelli è chiamato a difendersi non dalla stampa ma dall’Uefa i cui rantoli da vecchio regime provocano tenerezza. Forse a Nyon, come a Zurigo, non si sono ancora resi conto che il tempo delle mele è finito, il calcio, le sue regole, i suoi tribunali, i suoi arbitri, non possono più essere esclusivi di istituzioni che si reggono per motivi di potere squisitamente politico elettorale e per un interesse economico spacciato per spirito democratico. Sarà impegnativa la missione del presidente della Juventus, riequilibrare il bilancio, recuperare un rendimento costante della squadra, correggere e completare l’organico, rivedere l’organigramma del club, migliorare il progetto della superleague, non esponendosi, però come accaduto, in prima persona come artefice anche di errori altrui, strategici e di comunicazione. E’ il compito di un Agnelli. E’ il compito della Juventus.

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