Perché la Juve può dire di avere vinto 33 scudetti

Dal pasticcio del titolo assegnato a tavolino all’Inter alla sentenza della Casoria che ha certificato la bontà del risultato del campo: si può dire 33
Perché la Juve può dire di avere vinto 33 scudetti

TORINO - Gli scudetti della Juventus non mancano mai di innescare la discussione. Trentatré per i bianconeri, trentuno per chi va a contarli sull’albo d’oro della Figc. Punti di vista, entrambi rispettabili, perché l’almanacco ha una sua sacralità, ma la Juventus non viola nessuna legge e non manca di rispetto a nessuna sentenza nell’assegnarsene 33. Il rispetto, infatti, non impedisce di combattere per vedere riconosciuta l’equità di giudizio (per lo meno). E le sentenze non solo si rispettano, ma si dovrebbero anche leggere con grande attenzione. Per esempio quella scritta dal giudice Teresa Casoria, nel primo grado penale di Calciopoli, quando è stato stabilito, una volta per tutte, che il «campionato 2004-05 non risulta essere alterato» (era l’unico sotto indagine). Insomma, sul campo la Juventus fu superiore agli avversari senza aiuti arbitrali. E questa - al netto di quello che si può pensare delle vicende di Calciopoli - può già essere una buona ragione per rivendicare sulle bandiere quei due scudetti che i giocatori hanno sempre sentito come loro (per altro con il riconoscimento di molti avversari). 


Oltretutto, uno di quei due titoli, è finito nell’albo d’oro dell’Inter. Assegnato dall’allora commissario (e tifosissimo nerazzurri) Guido Rossi dopo aver chiesto un parere a tre saggi. I quali scrissero nella loro relazione che, se proprio la Figc non riusciva a fare a meno di riconsegnare a qualcuno lo scudetto revocato alla Juventus, avrebbe dovuto avere certezze solidissime sull’illibatezza del club che ne beneficiava. All’epoca nessuno aveva dubbi, qualche anno dopo, all’emergere delle intercettazioni occultate dagli inquirenti, il candore esibito dall’Inter si macchiò, al punto da spingere il procuratore federale Palazzi all’accusa di «illecito sportivo» nei confronti del club di Massimo Moratti. Accusa prescritta per la legge, ma non per la morale, in base alla quale si era assegnato lo scudetto.


Insomma, comunque la si giri, qualcosa non torna nel conteggio degli scudetti, anche in virtù di quel pasticcio della ridistribuzione a tavolino del campionato 2006. Ci si può appellare all’albo d’oro ufficiale o si può far valere la forza di fatti incontrovertibili: la questione rimarrà sempre aperta. Nel frattempo, la Juventus e il suo popolo aggiornano le bandiere con il loro numero, mica vanno in giro a bruciare le macchine. L’importante è chi si sente infastidito da questo sventolìo abbia la coscienza pulita.

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