Heysel, ricordare è un dovere e aiuta anche a rispettare

L'Heysel va ricordato e raccontato all'infinito, perché non succeda più niente di così orrendo e per permettere a tutti di conoscere e capire
Heysel, ricordare è un dovere e aiuta anche a rispettare© ANSA

TORINO - «La memoria è un lavoro. Una scelta. Ha bisogno di manutenzione e di amore, e questo spetta a tutti e a ciascuno individualmente. Fatelo, allora, quel nodo al fazzoletto. Senza memoria, saremo luci spente»*. E le luci, quella notte all'Heysel, si sono spente tragicamente per 39 persone. E questo è il punto da cui partire per ricordare, a trent'anni di distanza, una delle più immani tragedie del calcio mondiale.

A Bruxelles, il 29 maggio 1985, prima della finale di Coppa dei Campioni fra Juventus e Liverpool, morirono degli essere umani. La didascalia nella memoria collettiva, però, è stata modificata e le 39 vittime sono diventate "tifosi della Juventus" o semplicemente "tifosi". Non è una differenza sottile, perché la mancanza di rispetto che in questi trent'anni ha ulcerato una ferita già difficile da rimarginare, nasce anche dal voler dare a tutti i costi dei colori a chi, in quella maledetta notte, perse la vita. Sì, la maggior parte di quelle 39 persone erano tifosi juventini, ma identificarli solo come tali spiana la strada la becero, fornisce un assist all'ignorante.

L'Heysel non va dimenticato per il rispetto che si deve a chi ha perso la vita e a chi ha perso i propri cari. L'Heysel va ricordato e raccontato all'infinito, perché non succeda più niente di così orrendo e per permettere a tutti di conoscere e capire. Per esempio che i morti di Bruxelles non erano ultrà della Juventus, ma persone normali, giovani, adulti e bambini. Insultandone la memoria con cori e striscioni non si ferisce la Juventus e i tifosi juventini, ma si infanga innanzitutto la propria dignità di esseri umani che dovrebbe arginare l'insensibilità schifosa e bestiale che spinge a sfregiare il dolore di chi ha perso una persona cara.

Superga, l'Heysel e tutte le tragedie che troppo spesso vengono vilipese nelle curve italiane (quasi nessuna esclusa, purtroppo) nascono dall'ignoranza di chi canta o scrive striscioni. I morti, per gli ultrà, hanno quasi sempre i colori sociali della società e quindi possono essere oggetto del loro becero blaterare. E allora approfittiamo di questo trentennale per combattere quell'ignoranza, per raccontare e spiegare quanto dolore si irride, quanto sia da poveracci farlo.

La memoria è un antidoto contro l'ignoranza. Il problema è che funziona lentamente e non dà risultati immediati. Ma guai a dimenticarsi di ricordare, ci spegneremo come i riflettori del decrepito Heysel in quella notte tremenda.

*Emilio Targia, "Quella notte all'Heysel", Sperling & Kupfer

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