Juve, da Berlino a Torino l’urlo resta in gola

Morata esalta i 20.000 dell’Olympiastadion, Suarez spegne l’illusione
Juve, da Berlino a Torino l’urlo resta in gola© LaPresse

BERLINO - La grande illusione sul gol di Morata, e l’urlo di gioia che unisce Berlino e Torino, i 19 mila dell’Olympiastadion e i 30 mila di Piazza San Carlo, per tacere dei tifosi bianconeri che hanno riempito tante piazze italiane. Poi, il 2-1 di Suarez, e il sogno che si infrange. E finisce col rammarico e con i musi lunghi dei tifosi juventini... 
Ma in realtà, per loro, si può parlare di un successo a prescindere. Caldi, colorati, passionali. Protagonisti, sulle tribune del maestoso Olympiastadion (l’unico stadio, forse, con scala mobile che conduce i giocatori dagli spogliatoi al tunnel...), almeno quanto i giocatori scesi in campo. I quasi 20 mila al seguito in Germania ci hanno messo i soldi (c'è chi ha speso fino a 2000 euro per un biglietto comprato dai bagarini), la faccia, la voce...
Ché del resto la sfida tra Juventus e Barcellona era cominciata assai prima della cerimonia d’apertura della finale di Champions sul campo e del fischio d'inizio del direttore di gara: a suon di coreografie, striscioni, decibel che hanno subito reso l'idea della portata emotiva della partitissima disputata ieri. 

Impatto
Di grande impatto la cerimonia d'apertura della finalissima: poco meno di 10 minuti ad alto tasso spettacolare con musica, coreografie con 400 volontari di 13 nazionalità diverse, disegni scenografici che hanno richiamato la realtà artistica berlinese. 
E una versione della classica "musichetta-Champions" ancor più da brividi, se possibile. Poi, durante il match, il testimone è passato al pubblico pagante. Del resto una delle prime preoccupazioni dei gruppi caldi delle due tifoserie, in questi giorni, è stata quella di allestire a dovere le due curve d'appartenenza: sistemando cartellonistiche e spiegando dettagliatamente ai 19 mila fortunati dotati d'un biglietto (19.000 per parte, si intende) come partecipare alle coreografie. 
E se sulla sponda del Barcellona s'è optato per un grande classico, il motto "mes que un club" (ricreato in curva grazie all'utilizzo di migliaia di cartelloni colorati), sul fronte juventino s'è scelto di variare puntando su due manone giganti che tentavano di afferrare la Coppa dalle grandi orecchie. 
Più che mai sfizioso, a margine, il coretto "Che ci frega di Leo Messi noi c'abbiamo Padoin", che risuonava nelle strade di Berlino già nelle ore alla vigilia della sfida. Un coro che, magari, un sorrisino l'ha pure strappato alla "pulce" argentina. Di fatto si può dire che sia Carlos Tevez e compagni, sia Lionel Messi e companeros, hanno potuto sentirsi padroni di casa nello stadio tedesco, teatro della finale dei Mondiali 2006.

Standing ovation
Manco a dirlo tra i quasi ottantamila presenti all'Olympiastadion (da ricordare che un terzo dei posti è stato gestito dall'Uefa e i restanti sono stati messi a disposizione dalle due società finaliste) c'era una nutrita - ottima e abbondante - schiera di personaggi vip, addetti ai lavori, invitati illustri più o meno neutrali, di parte o combattuti...
Decisamente meno “neutrali" Francesco Totti (invitato direttamente da Luis Enrique in virtù della bella amicizia che si è creata tra i due ai tempi della comune esperienza alla Roma nel 2011-12) e Alessandro Del Piero invitato direttamente... dalla curva bianconera: quanti cori ("C'è solo un capitano") e che standing ovation da brividi (pure da parte dei blaugrana, peraltro) durante una sorta di giro d'onore improvvisato da Alex nel prepartita! L'ex numero 10 ha spiegato: «La mia strada e quella della Juventus sono andate molto bene, siamo uniti dalla passione, dal calcio, dai tifosi, ma sono felice così adesso».

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