Juve, non è soltanto sfortuna

I campioni d’Italia non sanno più vincere allo Stadium e adesso si trovamo già con dieci punti di ritardo dall’Inter capolista
Juve, non è soltanto sfortuna© ANSA

TORINO - Il calcio a volte è fatto di paradossi, ma cosa è successo ieri sera allo Stadium appartiene invece alla logica delle cose. Perché la Juventus, che ormai in casa non sa più vincere e che è lontana 10 punti dall’Inter capolista, si è suicidata da sola sprecando almeno una decina di palle gol e subendo in pieno recupero il pareggio del Frosinone. Che, lo sottolineamo come puro riscontro storico-statistico, finora non aveva mai ottenuto un punto in serie A. Quando si sciupano occasioni in quantità industriale, quando viene a mancare il cinismo sotto porta, quando non la si butta mai dentro, per la legge di Murphy prima o poi si paga pegno. E i campioni d’Italia lo hanno pagato, salatissimo. Le recriminazioni non hanno domicilio, così come le chiacchiere: semmai sono indispensabili riflessioni che non siano solo caratterizzate dal piagnisteo e dalla sfiga. L’unica considerazione a margine è l’età media della squadra, decisamente bassa: Alex Sandro, Lemina, Dybala, Pogba, lo stesso Zaza. Non proprio sbarbatelli ma quasi. E in certi frangenti bisogna fare “uscire” il pelo sullo stomaco.

DOUBLE FACE - La Juventus della ripresa è stata un rullo compressore, soprattutto dal momento in cui è passata in vantaggio e si è scrollata di dosso chissà quale ruggine psicologica. Un rullo che spingeva l’avversario fino lì, senza però avere la forza di chiacchiarlo. La Juventus del primo tempo, al contrario, ha tenuto il campo ma con minore dinamicità, pur gestendo la partita in scioltezza, anchilosata non tanto dal sistema di gioco (il falso tridente) ma dalle prestazioni di alcuni singoli. Quando la difesa è passata a tre con l’ingresso di Chiellini e l’attacco ha avuto più consistenza con l’inserimento di Dybala, anche la manovra è diventata spumeggiante. Salvo, però, non riuscire a confezionare il raddoppio e a buscare il pareggio di Blanchard nell’unica opportunità in cui il Frosinone ha messo il naso fuori di casa. Ci sono stagioni così, già...

BRACCIO GALEOTTO - La rivisitazione del match porta a considerazioni sparse. Dall’inizio i campioni d’Italia si sono buttati in avanti in una ricerca confusa e spasmodica del gol. Sfiorato a ripetizione (Cuadrado due volte, poi Pogba, poi Zaza in semirovesciata, poi la testata di Sturaro), sì, nonostante la chance più grande e grossa l’abbia avuta il Frosinone alla mezz’ora, con un palo (da flipper) di Castillo; e sulla ribattuta un braccio galeotto di Barzagli ha frenato il pallone calciato a botta sicura da Frara. Rigore netto che l’arbitro Cervellera ha pensato di non fischiare. Lo spavento ha spinto i campioni d’Italia ancora più all’attacco, però mai attraverso una manovra ragionata bensì quasi sempre con giocate individuali: le incursioni devastanti di Cuadrado, qualche invenzione di Pereyra, la classe di Pogba. Quest’ultimo, tra l’altro, autore di uno stacco imperioso, modello cestista Nba, con pallone mandato a sbattere contro la traversa.

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