La rinascita Juve non è solo Khedira

Il tedesco non è l'unico protagonista della vittoria col Siviglia
La rinascita Juve non è solo Khedira© LaPresse

TORINO - Qualcuno può credere che la Juventus sia tornata tale per il solo rientro di Khedira? Non può essere e non è. Perché questa squadra è riuscita nell’impresa di conquistare sei punti in due partite di champions league e cinque in se partite di serie A. Un equivoco che può portare a varie considerazioni ma a nessuna verità certa. La soluzione tattica è una parte di questa analisi, Barzagli a destra, come terzino, non è una novità, semmai lo è la sua corsa poderosa, da ala, registrata nel primo tempo. Evra esperto di coppe europee e dunque garanzia assoluta, nemmeno. Hernanes migliore di Napoli, e ci mancherebbe puro, se protetto dietro, davanti, di fianco, ha la stessa risposta; Cuadrado che spacca qualunque difesa avversaria e che recupera anche in copertura, idem come sopra; i due sbarbati, in attacco, hanno astuzia e colpi che appartengono al football latino e Dybala, in certi movimenti, mi ricorda Enrique Omar Sivori che per i contemporanei è come parlare o scrivere della Nefertari al museo Egizio ma è storia pura juventina e argentina, Khedira svolge il lavoro che sa, con professionalità e attenzione, una specie di tutore tattico. Ho lasciato per ultimo monsieur Paul Pogba il quale indossa la maglietta che porta il numero 10 e, forse, non ha ancora compreso che cosa significhi. Il francese continua a giocare la “sua” partita, giochicchia, si limita a tocchi prudenti, ogni tanto cerca di fare la foca, tenta il numero in acrobazia o in doppia veronica ma finisce avvitato sulla propria presunzione e su un limite caratteriale che solleva alcuni dubbi sulla sua effettiva personalità. Pogba non creda di vivere di rendita solo per la sua colossale valutazione di mercato o per i consigli del suo astuto procuratore. Pogba ha stile eccelso ma questo non va confuso con la classe che è cosa ben differente: quest’ultima ti porta a prendere in mano la squadra quando essa si trovi in difficoltà e Pogba, invece, affonda per primo, per timore ma soprattutto consapevolezza della responsabilità che lo riguarda.

E fino a quando Pogba non sarà Pogba, non per il taglio dei capelli o per qualche numero ad effetto, allora l’equivoco si trascinerà e, ogni volta, si aspetterà la conferma, la crescita, l’esplosione definitiva. Le vittorie della Juventus nella scorsa stagione hanno consentito alla società di poter confermare il francese e di non sacrificarlo come è stato fatto, per forza e per scelta, con altri elementi. Ma la fiducia non può essere eterna anche perché i costi vanno giustificati agli azionisti e l’aria che tira non è sempre respirabile, considerati alcuni casi recenti. La Juventus europea è comunque una realtà che piace e vince, punto e basta. Quella italiana finora è stata inguardabile, lenta, prevedibile e confusa. Ho usato questo aggettivo perché Allegri ha voluto respingere la critica sulla confusione che lo condizionerebbe. Essere confusi non è un reato, è un segnale caratteriale dal quale si può uscire ma senza arroganza o presunzione, il dubbio è una virtù liberale, l’incertezza procura ansie. La Juventus ha bisogno di andare avanti con sicurezza. Un passo alla volta, ha detto il suo allenatore. Ma che il passo sia lesto, senza voltarsi indietro ma non dimenticando il passato, nel quale questa squadra ha scritto una storia illustre.

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