Juve, tutti sotto esame: ecco perché Agnelli ha ruggito (cosa può succedere ad Allegri)

I meriti di Allegri nella prima stagione bianconera sono stati indiscussi e indiscutibili; le critiche alla gestione della squadra nella prime otto giornate di campionato sono altrettante nette

ROMA - E pensare che l’assemblea dei soci, sembrava l’occasione più propizia per celebrare degnamente il ritorno all’attivo di bilancio (+2,3 milioni di euro), dopo cinque anni di passivo e il fatturato raddoppiato nell’arco di un quinquennio (328 milioni di euro). Invece no. La frustata di Andrea Agnelli alla Juve è stata durissima: “Nel processo di rinnovamento che abbiamo computo in estate, eravamo perfettamente consapevoli che questo ci avrebbe potuto portare a qualche difficoltà nella fase iniziale della stagione. Tutto ciò, però, non è assolutamente una giustificazione per i 14° posto che oggi ricopriamo in classifica. Non è accettabile”. Così, la domanda del giorno dopo è ancora più martellante del giorno prima: perché il presidente dei campioni d’Italia è entrato così pesantemente in tackle scivolato? Il primo destinatario della grigliata è Massimiliano Allegri e, con il passare delle ore, il convincimento si è rafforzato nonostante la precisazione di Agnelli dopo l’assemblea (“La mia non era una critica ad personam. Alla Juve, dal presidente al magazziniere, chiunque deve avere la consapevolezza che il 14° posto sia inaccettabile. Bisogna lavorare tutti per riportare velocemente la squadra ai livelli che le competono”. I meriti di Allegri nella prima stagione bianconera sono stati indiscussi e indiscutibili; le critiche alla gestione della squadra nella prime otto giornate di campionato sono altrettante nette. Peggiore partenza della squadra in serie A da 46 anni a questa parte (9 punti in 8 partite, 2 vittorie, 3 pareggi, 3 confitte, 9 gol segnati, 8 subiti, posizione n.14 in classifica); continuo cambiamento di moduli; sterile girandola di soluzioni in attacco, improvvisamente inariditosi e passato dalla media di 1,9 gol a partita dell’annata 2012-2013 all’1,1 della stagione in corso; centrocampo a corrente alternata, con Pogba in preda a una crisi di crescita qualitativa; affannosa ricerca di un Pirlo che non c’è, anche sui calci piazzati. Per non dire del caso Dybala, esploso fragorosamente dopo la comparsata che, suo malgrado, l’argentino è stato costretto a fare contro il Borussia. La sollevazione popolare in favore dell’ex palermitano lo riporterà titolare contro l’Atalanta, ma questa non potrà e non dovrà essere una risposta contingente. Al netto delle cessioni, la Juve ha speso 79 milioni di euro, di cui 40 milioni per Dybala e 26 milioni per Alex Sandro, un altro incompiuto. E, su tutto, pesano come un macigno quei 9 punti f distacco dalla Fiorentina capolista. Alle corte: Allegri sa benissimo che cosa significhi allenare la Juve e che cosa rischi in caso di mancato raggiungimento di uno dei due traguardi che la società ha fissato: conquista del quinto scudetto consecutivo, per eguagliare il record degli Anni Trenta, bis dell’ultimol cammino in Champions League, cioè arrivare alla finale di Milano; riguadagnare comunque la certezza della partecipazione alla prossima edizione di un torneo i cui proventi incidono in maniera determinante sul bilancio. Siamo soltanto alla fine di ottobre, ma Allegri per primo sa che non ha e che non c’è più tempo da perdere.

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