Juve, i dubbi e l’ansia di club e senatori: Allegri a giudizio

Marotta e Agnelli non pensano all’esonero ma serve una svolta netta prima della pausa

TORINO - «Nessun pensa all’esonero», dicono in Corso Galileo Ferraris. E a suo modo è una verità, perché l’ultima decisione che i dirigenti della Juventus vorrebbero prendere sarebbe quella del licenziamento di Massimiliano Allegri, uno strappo alle abitudini, allo stile e, perché no, anche al bilancio. Ma proprio l’aspetto economico, più di quello sportivo, potrebbe spingere la società oltre il simbolico confine, sdoganando il cambio in panchina. Per intendersi, Andrea Agnelli, Beppe Marotta e Pavel Nedved non vogliono rischiare di perdere la qualificazione alla prossima Champions League, calamità finanziaria che farebbe soffrire non poco i conti bianconeri e, quindi, pretendono una svolta netta e immediata nelle prestazioni della squadra. Il derby, la trasferta a Moenchengladbach e quella a Empoli devono segnare, prima della pausa per le nazionali, un ribaltone totale nelle prestazioni della squadra. La Juventus deve, cioè, cambiare faccia, trovare continuità e dare l’idea di una ritrovata solidità: perché i vertici societari non sono preoccupati dal distacco in classifica, quanto dal rendimento e dall’approccio del gruppo di Allegri che, in questo momento, tarpa anche le più ottimiste speranze di rimonta. Non è la crisi di risultati che mette ansia, ma quella di gioco.

ACCUSE - La sconfitta di Reggio Emilia ha segnato un passaggio cruciale nei malesseri della Juventus, perché tutti - dall’amministratore delegato ai senatori - avevano sottolineato: 1) l’importanza di una vittoria per uscire dalla crisi 2) le insidie di una partita da non sottovalutare. Ne è uscita una sconfitta nata da un approccio sbagliato o addirittura «Indegno» per usare l’aggettivo del capitano Buffon, nel quale il Sassuolo è stato preso sotto gamba e in cui pochissimi, fra i bianconeri, sembravano aver capito che stavano giocando una delle partite più decisive della stagione. Dopo il lungo faccia a faccia negli spogliatoi, mercoledì sera, Gigi Buffon si è presentato davanti ai media dopo aver concordato con Marotta i concetti da esporre. Ne è uscito un j’accuse che ha ricordato quello pronunciato dallo stesso portiere a Natal, il 24 giugno 2014, quando l’Italia di Prandelli naufragò contro l’Uruguay. Quello di Buffon è stato un discorso scolpito nell’arrabbiata delusione di chi ha visto superficialità, disorganizzazione e irresponsabilità da parte della squadra, ma che ha scalfito anche la figura dell’allenatore, perché se la squadra scende in campo sbagliando così clamorosamente la partita la colpa non può essere solo dei giocatori.

Leggi l'articolo completo su Tuttosport

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...