Juventus: Marotta e Elkann, l’obiettivo qual è?

La proprietà punta ancora allo scudetto, l’ad parla di zona Champions. Il rischio, però, è quello di disorientare i tifosi e soprattutto la squadra

TORINO - Oscilla l’asticella dell’obiettivo minimo della Juventus 2015- 16. Sale e scende il fixing del risultato finale ritenuto soddisfacente. L’amministratore delegato Beppe Marotta, la scorsa settimana, aveva indicato nel terzo posto la linea del Piave che Allegri doveva difendere a tutti i costi, perché è la qualificazione alla prossima Champions League che può fare la differenza per l’equilibrio economico del club, uno dei cui pilastri restano i soldi della più munifica manifestazione calcistica mondiale. L’azionista di maggioranza John Elkann, qualche giorno dopo, ha invece alzato il tiro, parlando apertamente di «scudetto» e ribadendo eccome lui continui a «credere nella possibilità di vincere il quinto scudetto consecutivo ed entrare nella storia del club». Ieri Beppe Marotta ha nuovamente spostato il confine all’altezza della zona Champions, seppure con un ragionamento che non mette limiti alla provvidenza («poi strada facendo vedremo»). Ma ail di là dei distinguo, il concetto del terzo posto è piuttosto chiaro e, soprattutto, reiterato.

IL DUBBIO - E al popolo bianconero resta il dubbio di quale sia il vero obiettivo del club. E con i tifosi potrebbero chiederselo anche i giocatori, sempre molto attenti alle dichiarazioni pubbliche di allenatori, dirigenti e proprietari, come abbiamo bene imparato da chi - da Mourinho a Conte - hanno iniziato a usare le loro uscite pubbliche per mandare messaggi anche all’interno spogliatoio oltre che all’esterno. Non che siano disorientati, Allegri e i suoi uomini, ma pure loro oscillano da bellicose dichiarazioni di assalto al tricolore (Cuadrado post derby, tanto per citarne uno) a ragionamenti più prudenti e posati nei quali è stata snocciolata la politica dei piccoli passi (Buffon dalla Nazionale, tanto per citarne un altro).

IL TEATRINO - Chi è abituato a sbirciare dietro le quinte del teatrino calcistico sa che tra la veduta di John Elkann e quella di Beppe Marotta non esiste una profonda discrasia, ma solo una diversa filosofia di comunicazione. Marotta, seguendo una vecchia consuetudine del mondo pallonaro, vola basso o, per lo meno, non molto alto. Vuole evitare che dichiarazioni troppo altisonanti possano creare un imbarazzante effetto boomerang o essere usate da altri dirigenti o allenatori per caricare i loro giocatori (per la serie: «Avete visto? Quelli della Juventus sono convinti di vincere lo scudetto...»). Per contro Elkann sceglie la via dell’orgoglio bianconero che non ammette ridimensionamenti delle ambizioni e punta a sottolineare le responsbailità del tecnico e della squadra, che non possono accontentarsi, ma devono continuare a lavorare puntando il bersaglio grosso. Entrambe le vie possono comportano vantaggi e svantaggi, nessuna delle due garantisce il successo al cento per cento e gli stessi tifosi possono dividersi fra chi preferisce il basso profilo e chi invece una linea pià baldanzosa. Il problema, semmai, è farle convivere: perché quello potrebbe creare qualche danno.

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