Juventus, Pogba lavora sulla testa. Il suo rilancio passa da lì

Allegri l’ha spesso punzecchiato: vietato gigioneggiare, meglio fare le cose semplici
Juventus, Pogba lavora sulla testa. Il suo rilancio passa da lì© LaPresse

TORINO - Non è tanto una questione di abilità tecniche, capacità di leggere la partita e adattarvisi, qualità tattiche e via discorrendo. No, qui è un problema di testa, e la classifica non c’entra nulla. Conta, piuttosto, ciò che si agita dentro quel cervello, protetto da una cresta sempre cangiante - tra chiavi di violino, stelle e strisce illuminate -, lì dove si accumula un mare di pensieri. Da quando? Beh, dall’avvio di questa stagione, con la Juventus sì plurititolata come al solito, però col fresco pensiero di ciò che sarebbe stato. E fors’anche con un filo di timore, vista la rosa smembrata dei big, sostituiti con tanti buoni giocatori. Non come quei tre lì, però: Arturo Vidal, Andrea Pirlo, Carlitos Tevez. Il Polpo ha avuto spesso a che fare con loro e la partenza di simili campioni l’ha responsabilizzato molto. Forse troppo, e in tempi parecchio ristretti...

GENIALATE E STRANEZZE - Così succede che il francesino dalla proverbiale falcata e con missile terra aria incorporato si trasformi, nel giro di qualche settimana, in mezz’ala dai piedini pur sempre fatati, ma quanta fatica si fa nel provare a scatenare poesia, fantasia, creatività: quelle che con l’antica gestione tecnica si erano palesate in un amen, per poi consolidarsi con la nuova conduzione in panchina, sino alle difficoltà attuali. Colpa di un numero, il 10, stampato sulla solita casacca di sempre, eppure talmente gravoso da appesantire la camminata del talentino. Eppure si racconta che l’avesse chiesta lui, convinto di poter diventare la vera star di un gruppo d’improvviso orfano di mente, corpo e anima. Eppure, al tempo stesso, Massimiliano Allegri non smette di utilizzarlo: con 18 presenze tra campionato e Coppe, Pogba è il più presente nella rosa bianconera. Eppure la storia segue un percorso imprevisto. E probabilmente ingiusto, considerate le potenzialità del 22enne di Lagny-sur-Marne, cresciuto in una banlieue parigina e da lì sbarcato a Manchester, prima di subire il fascino della città della Mole. E’ un’annata bizzarra, per il transalpino, del quale non si fa in tempo a parlare bene per via di una prestazione stuzzicante (come a Manchester, oppure nel derby) ed ecco che la critica s’infiamma: se non fosse stato per quel colpo di genio inventato dal nulla sabato sera (stop di destro e palombella coniata col mancino per Alex Sandro), determinante perché Paulo Dybala infilasse in porta un pallone apparentemente stregato, sai quante frecciate avrebbero colpito l’obiettivo numero uno? Già, perché Paul vuole diventare il numero uno in assoluto, anche se per ora si “accontenta” di essere il tema di un dibattito universale. Puoi essere juventino o meno, ma del centrocampista avrai comunque un’opinione in testa, positiva o negativa che sia.

PSICHE E CORPO Già, il problema sta nella testa. E siccome all’addio del trio delle meraviglie occorreva rispondere per le rime, Pogba sceglie la strada più ardua. Per la serie: mi prendo la numero 10, quella di Omar Sivori, Michel Platini, Alex Del Piero, così posso entrare di diritto nella storia. Non è proprio così, c’è bisogno di collezionare genialate su genialate, con la mente libera, se possibile. Ecco perché il ragazzo si dà da fare anche sul piano psicologico (e il gossip sul fatto che si sia affidato o meno a un mental coach o robe affini è già parte di un archivio che si aggiorna senza sosta), ecco perché lo stesso Allegri lo stimola continuamente a Vinovo. E le punzecchiature che il tecnico gli dedica non sono “cazziatoni”, piuttosto inviti sinceri a non lasciarsi abbindolare dai facili entusiasmi. Di ieri il divieto di «bearsi delle grandi cose che fa durante la partita», oltre al solito refrain legato al «mettersi in discussione». Altre volte l’allenatore aveva biasimato il francese in questi termini: «Gigioneggia troppo». Oppure, per essere ancor più chiari: «Paul deve fare le cose semplici, quelle che gli appartengono. Può e deve darci molto, ma da lui pretendo altrettanto». L’ideale sarebbe chiudere l’anno 2015 così com’era iniziato: con un destro al volo dal limite dell’area, quello che gelò Napoli l’11 gennaio, quando invocare il Pogboom era ancora consentito. Oggi Paul svolge compiti diversi: a volte lo vedi allargarsi a sinistra, quasi fosse un’ala reinventata nel 4-4-2. Nessun accenno al valore del suo cartellino. Basta così: i grandi numeri, meglio farli in campo...

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