TORINO - Antonella è una fioraia, possiede un negozio che è una piccola bomboniera in via Toscana, Livorno. A due passi, davanti alla Coop, c'è un palazzo marroncino: al quarto piano a cavallo tra gli Anni 60 e gli Anni 70 ci è cresciuto un bambino, poi ragazzo che ha fatto strada. Lo chiamavano e lo chiamano affettuosamente Acciuga, perché «era magro magro. Però rompeva eh...», raccontano gli amici.
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FIGURINE E TATUAGGIO - Nella sua bottega dei fiori Antonella custodisce cimeli e segreti. Come un foglietto scritto da Allegri in persona, in cui pronosticava, ai tempi del Milan, una Juventus molto lontana in classifica. «E invece noi bianconeri altroché mollare, quante gliene ho dette!», sorride. Adesso che invece Max, nel frattempo diventato “conte” e allenatore di grido, è "dalla sua parte" non le sembra vero: «Ma adesso finalmente lo posso dire, lui è sempre stato juventino».
PANE COL BURRO - Quartiere Coteto, non lontano dallo stadio, una zona tranquilla a dieci minuti a piedi dal centro. Qui il Conte Max è diventato grande. «Mio padre Sandro ripete spesso: "l'ho cresciuto io quel ragazzo lì, a cappuccini". È il suo vanto». A parlare è Andrea, da dietro al bancone del Bar Ughi, la seconda casa del giovane Allegri, tra la sua casa storica e la bottega dei fiori. Ogni parete del caffè è impregnata di ricordi: la fotografia del gruppo di amici, tutti insieme a cena. E poi le maglie della squadre che ha allenato: insieme al Cagliari e al Milan non può mancare la Juventus. «E io tra l'altro - rivela Andrea con un sorriso - sono pure juventino...». Mostra la sciarpa della finale di Berlino con orgoglio. «E lì c'eravamo tutti», rivela Amerigo, amico storico della famiglia di Allegri.