Juventus-Napoli: Agnelli-De Laurentiis, figli-nipoti vincenti

Andrea discreto senza perdere efficacia. Aurelio esplosivo, a volte troppo...
Juventus-Napoli: Agnelli-De Laurentiis, figli-nipoti vincenti

Gli Agnelli. I De Laurentiis. Due famiglie, due araldiche, due cognomi, due squadre di calcio, due storie lontane e vicinissime, domani di fronte, da sempre a confronto. Andrea e Aurelio, figli e nipoti, dinastie che proseguono tra impresa e football, amori e passioni, trasformati in tifo, a volte esagerato, anche sgradevole e, dunque, sgradito. Ma entrambi, Andrea e Aurelio hanno tolto dall’inferno il giocattolo arrugginito e spedito tra le fiamme da gestioni improbabili, malsane, vergognose. Cognomi pesanti da portare ma non da esibire, quasi un passaporto diplomatico nel mondo, stavolta alla dogana del calcio.

Andrea Agnelli è nipote di Gianni ma soprattutto figlio di Umberto, anche se a Torino e dintorni, troppo spesso qualcuno se ne dimentica, ritenendo che il museo juventino abbia una sola statua, quella dell’Avvocato Gianni, mentre per il Dottore soltanto parole e memoria di circostanza. Sta di fatto che Andrea dal genitore ha preso una certa discrezione, a volte rancorosa, nel dire, ma una lucidità, quasi sempre efficace, nel fare. Aurelio De Laurentiis ha avuto un padre, Luigi e uno zio, Dino, che stanno al cinema italiano come, per l’appunto, gli Agnelli al football nostrano. Luigi era fratello maggiore di Dino e quando costui se ne partì per l’America per là trasferire la genialità partenopea e italiana nella settima arte, allora prese lui a occuparsi della direzione e produzione di pellicole e la ditta ebbe il nome, che ancora conserva, di Filmauro, che poi sta a significare Aurelio, il figlio, l’erede, l’uomo che non piace alla gente che piace, ma che con gli affari del cinema ha saputo e sa ancora fare. Così come quelli del calcio, visto e considerato che il Napoli non chiagne e fotte ma non ha più pendenze con le banche, cosa rara tra i buffi e i buffoni del pianeta pallonaro, e la splendida e maligna città sul Golfo viene riconosciuta non più soltanto per pizze, mandolino e guapperia ma per la sua squadra di calcio, club ormai europeo, di censo, passato da Maradona e il suo sangue sciolto al miracolo di scudetti, a Higuain e compagnia calciando, roba pesante e pensante che sta in testa al campionato e avrebbe voglia di vincere anche la coppa europea di seconda fila, detta Europa League. De Laurentiis ha ripetutamente attaccato Fifa e Uefa, considerandole roba da bassi napoletani, prive di una visione mondiale, imprenditoriale vera ma, piuttosto, legata a interessi di bottega, e che bottega. Ha attaccato a malissime parole, l’Aurelio, Platini e Blatter, per poi omaggiare il francese, con riverenza e penitenza, perché, in fondo, il De Laurentiis si appiccia e si spegne come una fiammifero o, se preferite e preferisce lui, è un Vesuvio con il pennacchio, sembra eruttare ma trattasi di semplice colpo di tosse e di fumo.

Se De Laurentiis non frena mai e non conta fino a dieci prima di elucubrare parole feroci, il suo dirimpettaio di domani sera, Andrea Agnelli, fugge e sfugge a concioni pubbliche, ogni tanto esterna ma se si tratta di affari, di strategie, di progetti che vanno oltre la Mole Antonelliana e abbracciano l’Europa e il mondo oltre gli oceani. Impossibile fermarlo e chiedergli un commento dopo una partita vinta o persa, causa rigore fischiato o aiutino arbitrale o accuse degli avversari. Andrea Agnelli scappa, si dilegua, evita il microfono e il taccuino, delega all’ad, Beppe Marotta, il compito, a volte arduo, di affrontare gli astanti appiccicosi, non imita l’Aurelio che, al contrario, invita al raduno e poi prende a scaricare saette con tuono incorporato. Totale: Agnelli e De Laurentiis sono lontanissimi, uno dall’altro, per carattere ed esplicazione dello stesso, ma assai vicini, quasi uguali, per le idee che hanno verso un nuovo calcio, fuori dall’assemblea condominiale, dal cortile nostrano, dalle beghe e dagli insulti di certe riunioni che farebbero divertire anche i gomorristi.

Entrambi sognano un football euromondiale, una superlega, un torneo che porti denari pesanti, un campionato che metta a confronto i grandi club e appassioni il pubblico ormai annoiato da partite di avanspettacolo, da cinemino in via di chiusura. Il loro cartellone prevede soltanto Juventus-Napoli moltiplicato enne volte, una champions aperta ai grandi e non ai piccoli, i loro bilanci finanziari permettono questo progetto, la solidità economica è la base per costruire l’edificio, ci vogliono idee e ci vogliono uomini. Il calcio in bianco e nero è della Juventus, l’azzurro sta al Napoli ma tutti questi colori, messi assieme, portano a una nuova dimensione. Del resto questa fu l’idea di Dino e poi di Luigi. Questo il progetto di Umberto, mentre Gianni era affezionato al cosiddetto calcio antico ma comunque hollywoodiano. Juventus-Napoli, dunque, ripropone la “famiglia”, sostantivo che va di moda ma qualcuno vorrebbe rivoluzionare, cambiando l’ordine dei fattori e delle fattrici. Famiglia Agnelli e famiglia De Laurentiis, nemici, eventualmente soci, mentre il resto del condominio sta affacciato a balconi e ringhiere per vedere lo spettacolo di domani sera e l’effetto che fa. Non sarà la prima di un film e nemmeno la presentazione di una nuova vettura. E’ calcio. E’ scudetto. Si gioca. Finalmente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...

Juve, i migliori video